La fauna medievale

La fauna dell'Occidente medievale era molto diversa, sia qualitativamente che quantitativamente, da quella che conosciamo oggi. Le cause di queste differenze potevano essere naturali, come l'endemismo ad esempio. Alcune specie comparivano, altre sparivano o conoscevano cicli biologici di cui ancora oggi si ignorano le ragioni. Il topo nero, ad esempio, si è probabilmente moltiplicato dopo il XIII secolo ed ha ceduto il posto al temibile topo grigio solo nel corso del XVIII secolo: è questa una delle ragioni che hanno portato alle devastanti epidemie di peste verificatesi dal XIV al XVIII secolo che hanno causato la morte di decine di milioni di persone.
Inoltre, ci sono da considerare le conseguenze impreviste di specifiche azioni umane, sia fatte alla cieca, sia in vista di un'utilità a breve scadenza come, ad esempio, la difesa degli animali domestici attuata attraverso la lotta ai rapaci distruttori del pollame, la difesa dei raccolti combattendo i roditori o per il miglioramento dell'alimentazione a base di carne con la caccia.
L'uro, uno degli animali scomparsi nel Medioevo

Le conseguenze di tutto ciò son ben note. La distruzione dei rapaci comportò il moltiplicarsi dei roditori o la proliferazione di certi uccelli che distruggevano determinati insetti. La lotta contro i lupi rafforzava i branchi di cinghiali, e la distruzione delle vipere faceva aumentare i topi. La diminuzione delle lontre e dei visoni, in concomitanza col miglioramento delle tecniche di pesca, determinava un cambiamento qualitativo della fauna ittica dei fiumi.

Alcune specie, diffuse nel Medioevo, sono così scomparse dall'Occidente o sono diventate rarissime. L'esempio più lampante di ciò è rappresentato dall'uro che, nel XVI secolo, era ormai così raro da essere confusi con il bisonte.
In compenso gli orsi erano molto comuni. Il numero di esemplari di questa specie diminuì soltanto successivamente a causa delle frequenti battute di caccia dei gran signori che prediligevano questo animale che, essendo solitario, rappresentava una facile preda.
Lupo raffigurato sulla porta della Peschiera del Duomo di Modena
1120-1130
I lupi invece, hanno lasciato un segno indelebile nel Medioevo per il numero, la forza, le astuzie, la combattività, i contatti costanti con gli uomini. Questo agile e scattante animale, capace di percorrere distanze di centinaia di chilometri in tempi relativamente brevi, era praticamente diffuso in tutta Europa, tranne in Inghilterra ma soltanto perché l'isola britannica godeva della protezione del mare.
Altrove la grande paura del lupo che mangia i bambini, le donne e i vecchi era molto diffusa al punto da dare origine al famigerato mito dell'uomo-lupo. Resta comunque il fatto che innumerevoli documenti ci mostrano questo animale completamente integrato nella vita quotidiana medievale. Basti pensare, ad esempio, che, nei dintorni di Genova, alla fine del XIII secolo, si trovavano fino a sei cuccioli di lupo in un giorno.
Caccia al cinghiale, dal "Livres des Chasse", Biblioteca nazionale
di Francia
Qualcuno ha persino affermato che la proliferazione del lupo fosse il barometro della salute occidentale: un momento di rilassatezza, di debolezza e la bestia accorre, si moltiplica e divora.

Con gli altri carnivori invece, l'uomo ha avuto vita decisamente più facile anche perché, per essi, era più difficile svilupparsi finché il lupo era re. Questo è un discorso che vale soprattutto per la lince, il gatto selvatico ed, in parte, per il cinghiale. Quest'ultimo era molto comune, ma entro limiti ristretti, soprattutto per via dei lupi, divoratori di cinghialetti, ma anche per le frequenti battute di caccia dei signori che si esercitavano ad affrontarlo o che se ne cibavano. Si dice che Alfonso di Poitiers ne fece uccidere e mettere sotto sale 2000 prima di partire per la crociata.

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