Il mercato e alcune regole alimentari

Per poter trattare quella che è la cucina medievale, bisogna prima tentare di comprendere l’uomo del periodo che ci interessa. Quest’uomo è un fervente credente, con molto rispetto del potere religioso, ma allo stesso tempo angosciato dalla paura dell’Inferno. Infatti, proprio per guadagnarsi le indulgenze spirituali, l'uomo medievale abbandona persino casa e campi pur di intraprendere lunghi e pericolosi pellegrinaggi.
miniatura raffigurante una scena di un mercato medievale

Soffermandosi su queste considerazioni, si può facilmente dedurre come anche l’alimentazione e l’arte di cucinare del medioevo, non potessero assolutamente paragonarsi a quelle dell’Impero Romano, o del successivo Rinascimento. La cucina medievale è di conseguenza povera, o perlomeno lo è quella dei primi secoli di quest'epoca, che è deputata alla vera e propria sopravvivenza. Dopo l'anno Mille, con il fiorire delle città e dei commerci, l'arte culinaria comincia a vivere una fase di grande sviluppo e perfezionamento, segnali che ci consentono di intravedere scenari di grande cultura. La cultura di cui parliamo è evidentemente rurale perché anche la vita della città era strettamente collegata a quella della campagna. Infatti, animali come oche, anatre e maiali, vagavano liberamente ed indisturbati in città. Filippo detto il Grosso, figlio del Re di Francia Luigi V, morì cadendo da cavallo proprio davanti alla reggia, per colpa di un maiale che aveva spaventato il suo cavallo. È opportuno poi, fare una distinzione tra quella che poteva essere la differenza di alimentazione tra le varie classi sociali: quella del contadino era, come è facilmente prevedibile, molto povera, mentre quella dei ceti più abbienti, nobiltà e clero, era ricca ed opulenta.

Matricola dei Drappieri del 1411 con la rappresentazione
 del Mercato di Porta Ravegnana
 (Museo Civico Medievale, Bologna)
 Anche il mercato, cuore della vita cittadina, era legato a doppio filo alla gastronomia. Era infatti il luogo in cui si facevano gli affari, si amministrava la giustizia, si tenevano le assemblee e si organizzavano le congiure e le sommosse. Il mercato era dunque il "teatro" in cui andavano in scena gli agenti di cambio e dove si poteva trovare in esposizione di tutto: dai viveri ai dolciumi, dalle stoffe alle calzature, passando per i prodotti di cuoio. E c'era molto altro ovviamente. Era dunque qui, che nasceva lo scambio dei prodotti per alimentarsi, ed era qui che iniziava lo scrupoloso controllo della qualità delle derrate alimentari per opera delle amministrazioni cittadine, le quali seguivano delle norme ben precise. Secondo queste norme, per esempio, a Firenze era vietato rivendere il lunedì la carne rimasta del sabato o smerciare il pesce fuori dai confini del del mercato. A Zurigo si doveva distruggere alla sera il pesce rimasto invenduto, mentre a Lucerna il commercio di prodotti ittici doveva tassativamente avvenire solo nell’intervallo tra un pasto e l’altro. Infine, a Strasburgo, dove probabilmente si applicava la regola più dannosa ed insensata, ovvero quella di destinare agli ospedali la carne degli animali malati. 

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