Lo scriptorium

Se oggi conosciamo tanto del mondo antico, se ci sono arrivati tanti testi classici dell'epoca greca e romana, molto lo dobbiamo a delle persone che, nel medioevo, si sono chinate su di essi e li hanno trascritti, tramandandoli fino al giorno d'oggi e salvandoli dall'oblio della storia.

Jean Mièlot, segretario, copista e traduttore di Filippo IV di Borgogna

La stragrande maggioranza degli amanuensi erano monaci, in maggioranza benedettini, che nei centri religiosi medievali, ricopiavano, per molte ore al giorno, i testi antichi. Quest'attività era svolta in una stanza, un luogo, che potremmo definire lo scrigno che ha preservato il sapere nei secoli più bui della storia occidentale: lo scriptorium.

Scriptorium di epoca medievale (incisione del XV Sec.)

Lo scriptorium era la porzione del complesso monastico deputata alla copia dei manoscritti, collegati ad una vicina biblioteca. Questi luoghi erano le sale più ariose e luminose del monastero, dotate di grandi finestre per consentire il passaggio della luce del sole, ed agevolare, in tal modo, la vista dei manoscritti da copiare. Nello scriptorium potevano lavorare fino a trenta amanuensi.
Gli utensili usati erano, oltre alle penne e l'inchiostro, i temperini, i punteruoli, i righelli. Gli ultimi due erano necessari per tracciare delle linee diritte sui fogli, e consentire così una scrittura orizzontale, ordinata, e scandita in modo costante.

Esempio di manoscritto medievale. Da notare l'orizzontalità delle righe e l'interlinea pressoché costante
Il materiale era fornito dall'armarius, ovvero il bibliotecario del monastero. Era l'armarius a gestire tutta l'attività di copiatura all'interno della struttura monastica. Il supporto, prima della diffusione della carta, era la pergamena. Il papiro non era più utilizzabile, in quanto l'Egitto era stato conquistato dagli arabi. I fogli di pergamena erano ricavati dalle pelli degli animali domestici come mucche, pecore e capre; ma l'animale più pregiato per creare il foglio era il vitello, da cui si ricavava una pergamena detta vellum (letteralmente, fatto con vitello).

Mappa del Mediterraneo disegnata su di un vellum.
Posta la pergamena sul leggio, che aveva la caratteristica di essere un tavolo inclinato, si tracciavano le righe orizzontali su di essa, generalmente 26; dopodiché si cominciava la trascrizione del testo. Alcuni scriptoria svilupparono stili grafici del tutto originali: un esempio era la scrittura merovingica, sviluppata in tera francese.

Esempio di scrittura merovingica
Redatto il testo, venivano apportate dai pittori le miniature, piccole pitture di accompagnamento e decorazione.

Miniatura dei Vangeli di Lindisfarne, VIII Sec.

A metà VIII secolo d.C. però, le botteghe laiche cominciarono a essere causa di un'agguerrita concorrenza: infatti essi fornivano una grande diversità di proposte, alcune anche originali rispetto a quelle offerte dall'ambiente monastico; inoltre, nei monasteri si ricopiavano i testi in latino, mentre nelle botteghe laiche, cominciò la diffusione del volgare che, essendo più vicino al linguaggio parlato, ebbe presto successo.
Nonostante ciò, gli scriptoria rimasero il perno della produzione del sapere, oltre che di quella dei testi liturgici, fino all'invenzione della stampa per opera di Gutenberg.

Fra i principali centri scrittori europei si ricordano: Viviarum in Calabria, nei pressi di Squillace; Montecassino nel Lazio, Bobbio in Emilia Romagna; San Gallo in Svizzera; Citeaux in Borgogna.
In questi luoghi il sapere classico e la letteratura occidentale, sono stati salvati dalla furia dei secoli più bui e difficili del Medioevo.

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