Historie Medievali The life of: Fra Dolcino

Ai piedi delle Alpi, non lontano da Novara, esiste un paese che si chiama Prato Sesia. Qui, nel 1250 nasce il protagonista della nostra storia, colui che probabilmente nasce col nome di Davide Tornielli. Costui passerà alla storia come Dolcino da Novara, o Fra Dolcino.

Ritratto di Fra Dolcino

La data ed il luogo di nascita, così come il suo nome di battesimo, sono convenzionali, in quanto notizie storiche verificate sulle sue origini non ce ne sono.
Nel 1291 Dolcino entra a far parte del movimento degli Apostoli. Questo movimento era stato dichiarato eretico dalla Chiesa già cinque anni prima, nel 1286; tanto è vero che il suo capo, Gherardo Segalelli, verrà arso vivo sul rogo nel luglio del 1300.
Dolcino predicò soprattutto nella zona del lago di Garda. All'interno del movimento eretico non prese mai i voti, ma amava definirsi "fratello" riferendosi allo stesso. Nel 1303, nei dintorni di Trento, conosce Margherita Boninsegna, donna definita dai cronisti dell'epoca dal bellissimo e perverso fascino, la quale divenne la sua compagna e lo seguì nella predicazione.
Il fascino e le doti comunicative del "frate", unite alle aspre critiche contro la Chiesa, oltre alla predizione della futura scomparsa di Papa Bonifacio VIII, fecero scattare le ire della Chiesa Romana. I Dolciniani promettevano riscatto ai meno abbienti e, col sostegno di Matteo Visconti, riuscirono nell'occupazione militare di una parte della Valsesia, dove avevano intenzione di mettere in atto il suo modello di società. I seguaci si ritirarono sul Monte Rubello, in attesa che le profezie apocalittiche di Dolcino si avverassero.

Monte Rubello

Contro di loro fu bandita una vera e propria crociata, proclamata da Raniero degli Avogadro, vescovo di Vercelli, che coinvolse anche milizie del Novarese. I dolciniani resistettero a lungo, ma infine, provati dall'assedio e dalla mancanza di viveri, che la popolazione locale, divenuta oggetto di vere razzie, non poteva né voleva più fornire loro, furono sconfitti e catturati nella settimana santa del 1307.  Quasi tutti i prigionieri furono passati per le armi.
Dolcino fu processato a Vercelli e condannato a morte. L'Anonimo Fiorentino (uno dei primi commentatori della Divina Commedia) riferisce che egli rifiutò di pentirsi e anzi proclamò che, se lo avessero ucciso, sarebbe resuscitato il terzo giorno.
Margherita e Longino, luogotenente di Dolcino, furono arsi vivi sulle rive del torrente Cervo, il corso d'acqua che scorre vicino a Biella, dove la tradizione identifica ancora una sorta di isolotto detto appunto "di Margherita". Un cronista annota che Dolcino, costretto ad assistere al supplizio dell'amata, "darà continuo conforto alla sua donna in modo dolcissimo e tenero". L'Anonimo Fiorentino, all'opposto, afferma che Margherita fu giustiziata dopo di lui.
Per Dolcino si volle procedere a un'esecuzione pubblica esemplare: secondo Benvenuto da Imola (un altro antico commentatore dantesco), egli fu condotto su un carro attraverso la città di Vercelli, venne torturato a più riprese con tenaglie arroventate e gli furono strappati il naso e il pene. Dolcino sopportò tutti i tormenti con resistenza non comune, senza gridare né lamentarsi. Infine fu issato sul rogo e arso vivo di fronte la Basilica di Sant'Andrea.

Il luogo del supplizio di Dolcino, la Basilica di Sant'Andrea

Quella di Dolcino è una delle tante storie epiche e travagliate di cui il Medioevo è costellato. Una storia che ci aiuta a comprendere più a fondo anche gli aspetti torbidi di questa lunghissima epoca.

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