L'inquisizione medievale

Inquisizione. Termine derivante dal latino "Inquiere", ossia "Investigare". Quest'istituzione ecclesiastica, nata nel Basso Medioevo, ha terrorizzato migliaia di persone nel corso della storia, accusate dei crimini più vari legati a pratiche opposte alla dottrina della Chiesa: eretici; pagani battezzati, ma che continuano a professare la loro religione originaria; coloro che praticavano malefici e sortilegi; cristiani apostati. Questi erano i principali soggetti che l'Inquisizione perseguiva.

Papa Alessandro III

L'inquisizione nasce così: nel 1179 il concilio Lateranense III, indetto da papa Alessandro III, stabilì regole precise tese a evitare ulteriori scismi, dopo che a Roma si erano susseguiti un numero considerevole di antipapi. Tra gli altri provvedimenti che stabilivano regole, ad esempio, per la validità dell'elezione papale e per la disciplina dei provvedimenti adottati dagli antipapi, il canone 27 dettava regole chiare per contrastare l'eresia.
Il principio, assolutamente nuovo nella storia del Cristianesimo, fu che la Chiesa riconosceva l'utilità delle leggi dei principi e delle punizioni corporali nella lotta contro l'eresia. I Catari, inoltre, accusati di eresia, venivano messi sullo stesso piano delle bande brigantesche che infestavano l'Europa in quel momento e, sia contro gli uni, che contro gli altri, veniva bandita una vera e propria crociata.

Miniatura di Papa Gregorio IX

Nel 1231 papa Gregorio IX affidò il compito dell'Inquisizione a dei giudici nominati e inviati da lui stesso che avevano, tra l'altro, il potere di deporre il vescovo qualora avessero riscontrato inefficienze nel suo operato (sembra che alcuni vescovi fossero sospettati essi stessi di eresia). Dato che l'ufficio di Inquisitore era ricoperto dai legati del Papa, da questo momento, e per tutto il Medioevo, si parla di Inquisizione legatina o pontificia. L'incarico di giudice inquisitore fu inizialmente affidato a membri dell'ordine cistercense e poi a frati Domenicani e Francescani.
La procedura inquisitoria era la seguente:

Inchiesta
L'inquisitore, giunto in un luogo in cui si sospettava abitassero eretici, si presentava al vescovo locale. Con il permesso di quest'ultimo convocava il popolo, davanti al quale teneva una predica in cui esponeva il punto di vista della Chiesa sui contenuti della fede ritenuti confusi in quell'ambiente, quindi passava a mostrare la falsità delle proposizioni eretiche lì sostenute.
A questo punto pubblicava due diversi editti: quello di grazia con cui si concedeva, appunto, la grazia a chi si fosse spontaneamente denunciato all'inquisitore entro un determinato lasso di tempo (in genere dai 15 ai 30 giorni), e l'editto di fede, con cui si obbligava chiunque fosse a conoscenza dell'esistenza di un eretico, a denunciarlo all'inquisitore, pena essere considerato correo.
Chi era sospettato di eresia, ma non si presentava all'inquisitore, era oggetto di una citazione individuale per il tramite del curato del luogo (era l'inizio del processo a suo carico). Chi si rifiutava di comparire, veniva scomunicato.

Processo
L'imputato veniva arrestato, ma non necessariamente trascorreva in prigione tutto il tempo del processo. Poteva infatti essere rilasciato sulla parola, su cauzione, avvalersi di testimoni a garanzia che si sarebbe presentati all'inquisitore. L'imputato non aveva il diritto di conoscere né i capi d'accusa né i testimoni contro di lui fino a processo iniziato, tuttavia aveva il diritto di stilare un elenco di nomi di persone che, secondo lui, avrebbero potuto volere il suo male.
Se sulla lista così compilata comparivano gli accusatori, il processo veniva sospeso, l'imputato rilasciato e all'accusatore veniva inflitta la pena prevista per quella tipologia di reato. A dibattimento iniziato gli imputati potevano ancora ricusare i testimoni, se avessero dimostrato che questi avevano motivo di essere malevoli nei loro confronti.
A sua volta l'inquisitore non poteva giudicare un imputato, se costui in passato gli avesse nociuto. All'accusato venivano sequestrati tutti i beni, sia per provvedere alle spese del processo, sia per l'eventuale mantenimento in carcere dello stesso accusato.
Il processo si componeva di una serie di interrogatori in cui l'imputato si limitava a rispondere alle domande del giudice; non esistevano controinterrogatori.
L'imputato aveva un avvocato difensore, il cui compito era assisterlo nelle questioni procedurali e, diversamente da oggi, convincerlo della sua colpevolezza e pentirsi.

Penitenze e pene

Giovanna D'Arco sul rogo

Chi si presentava all'inquisitore entro il termine previsto dall'editto di grazia veniva in genere condannato a un pellegrinaggio.
Per chi invece arrivava al processo, si profilavano due strade diverse:
  • Se confessava durante gli interrogatori, veniva perdonato e gli si infliggevano penitenze, in genere recite di preghiere per un certo periodo di tempo, pellegrinaggi, offerte per i poveri. Un'altra punizione tipica era portare signa super vestem (cioè dei simboli di stoffa cuciti sopra i vestiti): gli eretici mitre e rose gialle, i sacrileghi delle ostie, i falsi accusatori due lingue di panno rosso, simbolo della doppiezza.
  • Quando invece l'eretico persisteva nella sua posizione, allora l'inquisitore dichiarava la propria incapacità e lo affidava ai giudici dei tribunali civili.
In questo caso la condanna poteva essere la privazione della libertà per un certo periodo di tempo, la fustigazione pubblica, la confisca dei beni o, nei casi più gravi, la pena di morte.
La prigione era di due tipi: il muro largo, da scontare a casa propria o all'interno di un monastero o di un convento e il muro stretto, cioè la reclusione nel senso moderno del termine. I prigionieri potevano ricevere visite, ma il muro stretto poteva essere mutato in carcer strictissimus (carcere duro) eil condannato messo in pace, espressione forbita per indicare che veniva messo in catene a pane e acqua e privato di ogni contatto.

Pronuncia del giudizio
La pronuncia era pubblica. Le sentenze erano pronunciate in una cerimonia ufficiale, alla presenza delle autorità civili e religiose. Questa cerimonia aveva la funzione di evidenziare, simbolicamente, la restaurazione dell'equilibrio sociale e religioso e il ritorno dell'eretico in seno alla Chiesa. Era dunque un atto di fede pubblico, cioè il significato letterale dell'espressione autodafé.
La cerimonia prevedeva un sermone dell'inquisitore, chiamato sermo generalis (sermone generale). Le autorità civili presenti giuravano fedeltà alla Chiesa e s'impegnavano a prestare la loro assistenza nella lotta contro l'eresia.
Subito dopo c'era la lettura del verdetto, cioè, come si è visto sopra, a seconda dei casi: assoluzione, penitenze, pene corporali o addirittura la pena di morte. In quest'ultimo caso l'inquisitore pronunciava la formula solenne: "Cum ecclesia ultra non habeat quod faciat pro suis demeritis contra ipsum, idcirco, eundum reliquimus brachio et judicio saeculari", che significa: "Dato che la Chiesa non riesce a fare altro per i suoi demeriti contro costui, perciò, lo lasciamo al braccio e al giudizio secolari".
Così terminava il processo.

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