Il dolce stil novo

Fra il 1280 ed il 1310, nasce a Bologna e si sviluppa a Firenze un movimento poetico innovativo, che influenzerà la poesia fino ai tempi di Petrarca. Un movimento che fa dell'amor cortese e della ricerca di pensieri raffinati e nobili, la propria missione. Il dolce stil novo si stacca dalla lingua del volgare municipale, e porta in tal modo la tradizione letteraria italiana verso l'ideale di un poetare ricercato e aulico.

Dante e Beatrice

Nascono le rime nuove, una poesia che non ha più al centro soltanto la sofferenza dell'amante, ma anche le celebrazioni delle doti spirituali dell'amata. A confronto con le tendenze precedenti, come la scuola di Guittone d'Arezzo (Scuola Guittoniana), la poetica stilnovista acquista un carattere qualitativo e intellettuale più elevato: il regolare uso di metafore e simboli, così come i duplici significati delle parole.
Esempio su tutti è l'amore che Dante Alighieri prova per Bice Portinari, meglio conosciuta come Beatrice.
L'origine dell'espressione è da rintracciare nella Divina Commedia di Dante Alighieri (Canto XXIV del Purgatorio): in essa infatti il rimatore guittoniano, Bonagiunta Orbicciani da Lucca, definisce la canzone dantesca "Donne ch'avete intelletto d'amore" con l'espressione dolce stil novo, distinguendola dalla produzione precedente (come quella del Notaro Jacopo da Lentini, di Guittone e sua), per il modo di penetrare interiormente luminoso e semplice, libero dal nodo dell'eccessivo formalismo stilistico (Guittone d'Arezzo). Di seguito si riporta il pezzo del canto del Purgatorio di cui, poc'anzi, abbiamo accennato:

                                 «"Ma dì s'i' veggio qui colui che fore
                                   trasse le nove rime, cominciando
                                     Donne ch'avete intelletto d'amore."
                                     E io a lui: "I'mi son un che, quando
                                       Amor mi spira, noto, e a quel modo
                                   ch'è ditta dentro vo significando."
                                          "O frate, issa vegg'io", diss'elli, "il nodo
                                          che 'l Notaro e Guittone e me ritenne
                                           di qua dal dolce stil novo ch'i' odo!"»
                   (Purg. XXIV, vv. 49-57)

Il manifesto di questa corrente è la poesia Al cor gentil reimpara sempre amore". La figura femminile evolve verso la figura di una "donna-angelo", intermediaria tra l'uomo e Dio, capace di sublimare il desiderio maschile, purché l'uomo dimostri di possedere un cuore gentile e puro, cioè nobile d'animo; amore e cuore gentile finiscono così con l'identificarsi totalmente.
Questa teoria, avvalorata nel componimento da molteplici sillogismi, rimarrà la base della poesia di Dante e di coloro che fecero parte dello Stil Novo, di generazione successiva, che vedranno in Guinizzelli e Alighieri i loro maestri. La corrente del "Dolce Stil Novo" segue e contrasta, grazie ad un approccio e ad una visione dell'amore del tutto innovativi, la precedente corrente letteraria dell'"amor cortese". Contro quest'ultima, infatti, introduceva nei testi riferimenti filosofici, morali o religiosi, tanto che autori contemporanei si lamenteranno dell'oscurità e della "sottiglianza" delle poesie, specificando che un tale registro poetico non avrebbe suscitato né interessi né adesioni nel mondo toscano; la critica era quella di aver unito la filosofia alla poesia.

Una pagina della poesia "Al cor gentil reimpara sempre amore"

La poesia stilnovista è l'espressione della cultura dell'antica nobiltà e della borghesia ricca e mercantile (giudici; notai; maestri di retorica, di grammatica e di diritto), ossia gli strati socialmente più alti del Comune. I vecchi valori della precedente cultura cedono definitivamente il passo di fronte alle nuove generazioni della civiltà comunale, che si sentono nobili per una loro nobiltà spirituale conquistata con l'esperienza, la vita, la meditazione e la dottrina, e che si riassume in una nuova coscienza di aristocratica gentilezza d'animo e di mente.
In sintesi, questa è una delle testimonianze della raffinatezza raggiunta nel Medioevo.

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