La Baratteria e il gioco d'azzardo nel Medioevo
Il medioevo, come tutti sappiamo, è un periodo storico ricco di avvenimenti, scoperte, innovazioni, ma anche pregno di eventi bellicosi. Raramente però, ci siamo chiesti come si divertivano le persone che vivevano a quel tempo. Ebbene, oggi vi raccontiamo quello che succedeva nelle taverne, luogo simbolo del gioco d'azzardo che, così come oggi, era assolutamente vietato.
La baratteria, come veniva chiamata al tempo, era il classico luogo al chiuso, o talvolta all'aperto, dove si giocava d'azzardo. Coloro che gestivano il gioco e che ne avevano la supervisione erano chiamati barattieri.
Due nobili che giocano con i dadi. Manoscritto medievale della biblioteca Riccardiana (Fi). |
Il gioco d'azzardo si praticava non solo nelle taverne, frequentate anche dalle prostitute e da gente di malaffare, ma pure sotto le logge, i porticati, agli angoli delle strade e talvolta anche nelle piazze dei mercati. All'inizio del XIII secolo il gioco d'azzardo non era ben visto dalle istituzioni ecclesiastiche: giocare infatti, provocava spesso
grosse perdite anche per i meno abbienti e numerosi sono i casi documentati di
completa rovina, con perdita di denaro e beni. La perdita sfociava spesso in sfoghi
rabbiosi e liti fra i giocatori che inveivano e bestemmiavano. All'epoca era diffusa
l'idea che la bestemmia non solo provocasse l'ira di Dio su chi la pronunciava, ma
ricadeva anche sulla comunità a cui l'individuo apparteneva.
A tale proposito le autorità religiose pubblicarono precise indicazioni sui peccati
originati dal gioco d'azzardo: avarizia, furto, usura, menzogna, blasfemia, corruzione del
prossimo, scandalo, disprezzo dei divieti della Chiesa e ozio, oltre alla lussuria, dovuta alla meretrici presenti in questi luoghi.
Ricostruzione di come doveva essere una taverna nel medioevo |
Nelle città italiane veniva praticata un'ampia varietà di giochi, spesso d'azzardo, con i
dadi o con altri oggetti adoperati come pedine; a tali giochi si aggiunsero, solo in
seguito, quelli con le carte. Questi giochi appartenevano tutti alla categoria della pura
fortuna, ovvero alla categoria dei giochi proibiti dagli statuti comunali. Nonostante i divieti, la pratica del gioco d'azzardo era diffusissima; non esisteva strato
sociale che non esercitasse tale attività ludica: garzoni, operai, commercianti, principi,
re, monaci, frati, donne e soldati. Di fronte a tale diffusione, anche le autorità dell'epoca
dovettero “arrendersi”, effettuando blandi controlli e mantenendo una certa rigidità solo
nel caso in cui il gioco venisse praticato in luoghi severamente proibiti (per esempio fuori e dentro le chiese). Una soluzione che si sviluppò a metà del 1300 circa, fu quella di regolare e delimitare il gioco,
specie quello d'azzardo, per quanto riguardava i luoghi, i tempi, le forme e i modi; si hanno
esempi di rubriche comunali dove veniva stabilito quando e dove potessero essere tenute
case da gioco temporanee. Si trattava di veri e propri “calendari” che regolavano l'attività
ludica per l'intero arco dell'anno.
Dadi medievali rinvenuti in Inghilterra e datati tra il 1100 e il 1400 |
Il gioco d'azzardo assunse nel medioevo l'aspetto di una vera e propria “struttura”
intorno alla quale ruotavano giocatori di professione, definiti barattieri, araldi o più in generale, ribaldi. Tale professione “infamante” caratterizzava, in un primo tempo,
un individuo completamente assorbito dal gioco, ai margini della società ma, con il
passare dei secoli, i barattieri si organizzarono in vere e proprie bische, dapprima
clandestine (per evitare controlli), e poi in accordo con le autorità cittadine. Ben presto la Baratteria
organizzata divenne un punto di riferimento per gli altri ribaldi e per i giocatori
occasionali. I barattieri erano riuniti in "Societas" con a capo un "Potestas"; questa figura aveva compiti
precisi, stabiliti da un contratto stipulato con il Comune, tanto che il potestà aveva vera
giurisdizione nella Baratteria, con addirittura il diritto di portare armi, sedare le risse,
denunciare i bestemmiatori, impedire il gioco al di fuori della Baratteria stessa, essere
giudice per liti fra vincitori e perdenti. La Baratteria era caratterizzata da
un'organizzazione di tipo corporativo con tanto di “gonfalone” esibito davanti al
barattiere come vessillo. Questa divenne quindi un'attività importante per i Comuni, dato che il dazio
riscosso assumeva anche valori notevoli; nel 1287, ad Amalfi, venne pagata una somma
di 45 once per giocare a "Zara".
Due giocatori di dadi raffigurati sulla vetrata della cattedrale di Bourges |
Proprio per questo
motivo il gioco d'azzardo, delimitato in tali luoghi, venne, nella seconda metà del 1300,
addirittura favorito dai Comuni, principalmente in due modi: vietando sempre di più il gioco al di fuori delle baratterie e legalizzando l'attività dei barattieri, i quali si muovevano lungo una linea di confine sottile che separava la legalità e la
tolleranza dalla illegalità.
Spesso essi venivano segnalati e puniti dalle istituzioni con condanne quasi sempre simboliche, tese solo ad identificare socialmente i soggetti dediti a tale attività. Tale regolamentazione iniziò lentamente nel secolo XII e si rivelò con chiarezza nel corso del XV secolo, con l'emanazione di leggi che, accanto ai giochi illeciti, contemplavano anche quelli leciti. Era evidente per tutti che, oltre al gioco vietato, si sentiva la necessità anche di un gioco permesso, necessario per la società e la stessa economia del tempo.
Spesso essi venivano segnalati e puniti dalle istituzioni con condanne quasi sempre simboliche, tese solo ad identificare socialmente i soggetti dediti a tale attività. Tale regolamentazione iniziò lentamente nel secolo XII e si rivelò con chiarezza nel corso del XV secolo, con l'emanazione di leggi che, accanto ai giochi illeciti, contemplavano anche quelli leciti. Era evidente per tutti che, oltre al gioco vietato, si sentiva la necessità anche di un gioco permesso, necessario per la società e la stessa economia del tempo.
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