La navigazione nel Medioevo

I viaggi via terra nel Medioevo, si contraddistinguevano per la grande lentezza, caratteristica che portava a percepire il mondo occidentale dell'epoca come molto più vasto, rispetto ai giorni nostri. Per questa motivo, la via fluviale, ma soprattutto marittima, erano preferibili, perchè più rapide: una nave capace di tenere un andatura intorno ai 5 nodi, poteva coprire anche 200 chilometri in 24 ore, se si trovava al largo e non si fermava per la notte. Il trasporto via acqua, per le grandi quantità di merci, era quindi quello prediletto: verso la fine del Medioevo, vi erano navi in grado di trasportare fino a 500 tonnellate di derrate di diverse tipologie. Inoltre, rispetto ai viaggi via terra, quelli marittimi e fluviali erano decisamente vantaggiosi anche dal punto di vista della comodità e della sicurezza.

Marco Polo lascia Venezia, in direzione della Cina, nel 1271. Dettaglio di un manoscritto del XV secolo.
In linea di massima, le navi restavano ferme durante l'inverno, sotto la protezione di un tetto o comunque tenute al riparo dai ghiacci. Con i primi soli ed i primi tepori primaverili, venivano ridipinte dagli addetti alla manutenzione e ripartivano fra canti, musica e benedizioni ecclesiastiche. Di fondamentale importanza erano, infatti, coloro che si occupavano della cura delle navi nei periodi in cui queste erano inattive. I marinai non avevano alcun tipo di formazione ufficiale: non vi erano scuole o accademie nautiche, né ricevevano un'istruzione in tal senso, visto che, nella quasi totalità dei casi, non sapevano leggere. Di conseguenza, non si poteva far altro che affidarsi all'esperienza dei loro predecessori o dei colleghi: le direttive di quest'ultimi erano di importanza vitale, per non trasformare il viaggio in una catastrofe.

Luigi IX, re di Francia, in viaggio, in mare verso la Tunisia
C'era una certezza, comunque, ossia quella che i marinai possedessero un senso dell'orientamento davvero fuori dal comune, e lo dimostravano navigando lungo le coste, rivelando una conoscenza pressochè assoluta di qualsiasi punti di riferimento la terra offrisse: dai singoli speroni di roccia, alle montagne, passando per i gruppi di alberi, castelli, torri, mulini, e persino campanili che si elevassero oltre gli altri monumenti. Nei punti in cui la navigazione poteva essere più rischiosa, si procedeva chiaramente all'edificazione di una meda, di un faro, o quantomeno si apponevano dei segnali luminosi. Quando invece, durante la navigazione, ci si allontanava dalla costa a tal punto da non riuscire ad avere alcun punto di riferimento sulla terraferma, ci si orientava grazie al sole, mentre, nelle giornate grigie, di cattivo tempo, si adoperava lo spato d'Islanda, un particolare minerale trasparente in grado di polarizzare la luce anche se il sole era coperto da nubi.

Spato d'Islanda
Il cambiamento del colore delle acque durante le ore di luce e lo scandaglio, consentivano di evitare di arenarsi: il marinaio incaricato scagliava il piombo quanto più lontano possibile, in maniera tale che raggiungesse una posizione verticale nel momento in cui la nave arrivasse nel punto dove si fosse conficcato. Una minuscola cavità sul piombo raccoglieva piccoli frammento del fondo da sottoporre all'analisi di un occhio esperto.

Miniatura di una battaglia tra due navi, fine XIII secolo.
Una menzione particolare va riservata al popolo vichingo, che si caratterizzò per le grandi doti marinaresche. Come è ben noto, furono proprio loro i primi a raggiungere le Americhe, ben prima di Cristoforo Colombo. Inoltre, si spinsero fin dentro il Mediterraneo. Tutto ciò fu possibile grazie alle eccellenti imbarcazioni di cui disponevano, realizzate dalle sapienti mani straordinari falegnami e carpentieri, la più performante delle quali era il drakkar, una nave stretta e slanciata, con un pescaggio poco profondo, che le permetteva di raggiungere elevate velocità.

Drakkar vichingo
I rischi, ovviamente, facevano parte del mestiere: se costrette a transitare quasi tutte negli stessi luoghi, la possibilità che le navi entrassero in collisione tra loro, era molto elevata. Senza trascurare i pericoli rappresentati da fondali bassi, scogli affioranti o nascosti sotto il pelo dell'acqua, mentre, quando si navigava nei mari del nord, bisognava fare i conti con ghiacci precoci o persistenti. In questo non proprio roseo quadro, si doveva considerare l'eventualità di uragani o tempeste improvvise, che potevano protrarsi per giorni, oltre agli atroci pericoli rappresentati da pirati, predoni, corsari o navi da guerra. Insomma, navigare, nell'epoca medievale, non era impresa da tutti.

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