Historie Medievali The life of: Girolamo Savonarola
Ieri è stato il 23 maggio. In quella data ricorre un importante anniversario: la morte di un predicatore, religioso e politico italiano, di nome Girolamo Savonarola.
Girolamo nacque a Ferrara nel 1452 dalla nobile famiglia dei Bonacolsi. Studiò dapprima le arti liberali e poi la teologia, e già nel 1475 compose i primi sonetti in cui assimilava Roma ad una corrotta Babilonia. Il 24 aprile 1475 lasciò la famiglia per entrare nel convento bolognese di San Domenico, sulla sua vocazione probabilmente influì la percezione di una forte decadenza dei costumi dell'epoca. Approfondì gli studi di teologia e, nel 1482, divenne lettore nel convento di San Marco a Firenze. Mandato a San Gimignano per alcune prediche quaresimali, esclamò, durante una di esse, che la Chiesa doveva "essere flagellata, rinnovata e presto". Tali attacchi si ripeterono anche in altre sedi, ma la cosa non sembrò suscitare scalpore e scandalo.
Andò girovagando e predicando per tutta la Lombardia, attaccando la dissolutezza e il lassismo della Chiesa. Dal 1490 riprese le sue lezioni a Firenze, viste come vere e proprie predicazioni, attaccando a più riprese sia la Chiesa che Lorenzo il Magnifico, signore della città, e neppure le minacce di esilio lo piegarono. Eletto priore del convento di San Marco, continuò i suoi attacchi al potere costituito. Cercò di trasformare il suo in un ordine mendicante, e vide la discesa in Italia dell'Imperatore Carlo VIII come una sorta di venuta dell'apocalisse, volta a punire i peccatori.
Con questi reiterati atteggiamenti, si arrivò al momento in cui Papa Alessandro VI scomunicò il frate, scomunica rivelatasi poi falsa, e Savonarola continuò la sua predica polemica contro i vizi della Chiesa. La Repubblica fiorentina, in un primo momento, lo sostenne, ma poi, per timore dell'interdizione papale e per la diminuzione del prestigio del frate, gli tolse l'appoggio.
La situazione così degenerò e, nel 1498, Girolamo venne arrestato per eresia: si era barricato in San Marco, dove aveva suonato la campana per tutta la notte in segno di allarme; gli esponenti del partito Mediceo, che era antisavonaroliano, diedero fuoco al portale del convento, così entrarono e trascinarono il frate fuori dalla chiesa. Fu rinchiuso nella torre di Palazzo Vecchio.
Subì un processo farsa: Savonarola subì la tortura della corda (appeso per le braccia fino alla lussazione della scapola), quella del fuoco sotto i piedi e fu quindi posto, per un'intera giornata, sul cavalletto, riportando lussazioni su tutto il corpo. Alla fine fu stabilito che venisse condannato a morte insieme ad altri due religiosi suoi seguaci.
Le ceneri dei tre frati, del palco e d'ogni cosa arsa, furono portate via con delle carrette e gettate nell'Arno dal Ponte Vecchio, anche per evitare che venissero sottratte e fatte oggetto di venerazione da parte dei molti seguaci del predicatore mescolati fra la folla.
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| Il rogo di Savonarola in piazza della Signoria a Firenze |
Girolamo nacque a Ferrara nel 1452 dalla nobile famiglia dei Bonacolsi. Studiò dapprima le arti liberali e poi la teologia, e già nel 1475 compose i primi sonetti in cui assimilava Roma ad una corrotta Babilonia. Il 24 aprile 1475 lasciò la famiglia per entrare nel convento bolognese di San Domenico, sulla sua vocazione probabilmente influì la percezione di una forte decadenza dei costumi dell'epoca. Approfondì gli studi di teologia e, nel 1482, divenne lettore nel convento di San Marco a Firenze. Mandato a San Gimignano per alcune prediche quaresimali, esclamò, durante una di esse, che la Chiesa doveva "essere flagellata, rinnovata e presto". Tali attacchi si ripeterono anche in altre sedi, ma la cosa non sembrò suscitare scalpore e scandalo.
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| Statua di Savonarola a Ferrara |
Andò girovagando e predicando per tutta la Lombardia, attaccando la dissolutezza e il lassismo della Chiesa. Dal 1490 riprese le sue lezioni a Firenze, viste come vere e proprie predicazioni, attaccando a più riprese sia la Chiesa che Lorenzo il Magnifico, signore della città, e neppure le minacce di esilio lo piegarono. Eletto priore del convento di San Marco, continuò i suoi attacchi al potere costituito. Cercò di trasformare il suo in un ordine mendicante, e vide la discesa in Italia dell'Imperatore Carlo VIII come una sorta di venuta dell'apocalisse, volta a punire i peccatori.
Con questi reiterati atteggiamenti, si arrivò al momento in cui Papa Alessandro VI scomunicò il frate, scomunica rivelatasi poi falsa, e Savonarola continuò la sua predica polemica contro i vizi della Chiesa. La Repubblica fiorentina, in un primo momento, lo sostenne, ma poi, per timore dell'interdizione papale e per la diminuzione del prestigio del frate, gli tolse l'appoggio.
La situazione così degenerò e, nel 1498, Girolamo venne arrestato per eresia: si era barricato in San Marco, dove aveva suonato la campana per tutta la notte in segno di allarme; gli esponenti del partito Mediceo, che era antisavonaroliano, diedero fuoco al portale del convento, così entrarono e trascinarono il frate fuori dalla chiesa. Fu rinchiuso nella torre di Palazzo Vecchio.
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| La torre di Palazzo Vecchio dove fu rinchiuso Savonarola |
Subì un processo farsa: Savonarola subì la tortura della corda (appeso per le braccia fino alla lussazione della scapola), quella del fuoco sotto i piedi e fu quindi posto, per un'intera giornata, sul cavalletto, riportando lussazioni su tutto il corpo. Alla fine fu stabilito che venisse condannato a morte insieme ad altri due religiosi suoi seguaci.
All'alba del 23 maggio 1498, alla vigilia dell'Ascensione, dopo aver passato la notte di conforto con i Battuti Neri della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio, i tre religiosi, ascoltata la messa nella cappella dei Priori nel palazzo della Signoria, furono condotti sull'arengario del palazzo stesso, dove subirono la degradazione da parte del Tribunale del Vescovo. Nello stesso luogo vi erano anche il Tribunale dei Commissari Apostolici e quello del Gonfaloniere e dei Signori Otto di Guardia e Balìa, questi ultimi i soli che potevano decidere sulla condanna.
Dopo la degradazione e la rimozione dell'abito domenicano, i tre frati furono avviati verso il patibolo, innalzato nei pressi del luogo dove poi sorgerà la fontana del Nettuno e collegato all'arengario del palazzo da una passerella alta quasi due metri da terra. La forca, alta cinque metri, si ergeva su una catasta di legna e scope cosparse di polvere da sparo per bombarde. Fanciulli accovacciati sotto la passerella, come accadeva di frequente durante le esecuzioni, ferivano i palmi dei piedi al passare dei condannati con stecchi di legno appuntiti. Vestito di una semplice tunica di lana bianca, Savonarola fu impiccato dopo fra Silvestro e fra Domenico, che erano gli altri due religiosi con lui. Fra le urla della folla, fu appiccato il fuoco a quella catasta che in breve fiammeggiò violentemente, bruciando i corpi oramai senza vita degli impiccati. Nel bruciare, un braccio del Savonarola si staccò, e la mano destra parve alzarsi con due dita dritte, come se volesse "benedire l'ingrato popolo fiorentino".
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| Il luogo, in piazza della Signoria, dove Savonarola venne ucciso |
Girolamo Savonarola, nei secoli successivi, verrà riabilitato, ma la sua morte cruenta resta comunque un momento segnante sul finire dell'era medievale, tributo ad una persona che ha lottato fino alla morte per le sue idee.


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Storie vere di scontri e finali raccapriccianti, il potere costituito è quasi sempre il vincitore
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