La peste nera, parte seconda

Dall'Asia centrale, all'inizio del 1300, il batterio della peste arriva in Europa. Si ritiene che esso si sia diffuso dopo una moria di roditori dovuta all'irrigidimento delle condizioni climatiche. Le pulci, che sono il veicolo preferito del batterio, contagiarono l'uomo e raggiunsero l'Europa attraverso la via della Seta. Dalla Crimea, all'epoca possedimento genovese, il batterio giunse a Genova.
L'arrivo della peste in Crimea è piuttosto interessante: una delle città di quella regione, Caffa, venne assediata dal Khanato dell'orda d'oro. Gli assedianti lanciavano verso la città i cadaveri appestati, ed in questo modo gli abitanti ne furono infetti.

Le galee genovesi, come detto nella prima parte, portarono la peste a Costantinopoli ed in diversi punti in Italia. Da Genova il contagio prima arrivò a Marsiglia, poi risalì il Rodano, sempre seguendo le rotte commerciali fra le varie città europee. Ad Avignone, nei primi tre giorni dallo scoppio della peste, morirono circa 1800 persone.

Giovanni Boccaccio, nel Decameron, descrisse minuziosamente cosa succedeva in una città appestata: << Della minuta gente, e forse in gran parte della mezzana, era il ragguardamento di molto maggior miseria pieno; per ciò che essi, il più o da speranza o da povertà ritenuti nelle lor case, nelle lor vicinanze standosi, a migliaia per giorno infermavano; e non essendo né serviti né atati d'alcuna cosa, quasi senza alcuna redenzione, tutti morivano. E assai n'erano che nella strada pubblica o di dì o di notte finivano, e molti, ancora che nelle case finissero, prima col puzzo de lor corpi corrotti che altramenti facevano a' vicini sentire sé esser morti; e di questi e degli altri che per tutto morivano, tutto pieno.
Era il più da' vicini una medesima maniera servata, mossi non meno da tema che la corruzione de' morti non gli offendesse, che da carità la quale avessero a' trapassati. Essi, e per sé medesimi e con l'aiuto d'alcuni portatori, quando aver ne potevano, traevano dalle lor case li corpi de'già passati, e quegli davanti alli loro usci ponevano, dove, la mattina spezialmente, n'avrebbe potuti veder senza numero chi fosse attorno andato: e quindi fatte venir bare, (e tali furono, che, per difetto di quelle, sopra alcuna tavole) ne portavano.
Né fu una bara sola quella che due o tre ne portò insiememente, né avvenne pure una volta, ma se ne sarieno assai potute annoverare di quelle che la moglie e 'l marito, di due o tre fratelli, o il padre e il figliuolo, o così fattamente ne contenieno. >>


Rappresentazione della peste, biblioteca reale del Belgio
 


Diffusione della peste nel corso degli anni
 



Le conseguenze furono devastanti:  si calcola che fra i venti ed i venticinque milioni di persone finirono uccise; la situazione divenne così grave che non si trovò più nessuno per seppellire i morti: Agnolo di Tura, cronista senese, scrive che dovette seppellire con le sue mani i suoi cinque figli, ad esempio; John Clyn, monaco irlandese, prima di morire scrisse che sperava che almeno qualcuno avesse continuato la sua opera di cronaca sul flagello che li stava colpendo. A Venezia morirono 20 medici su 24, ad Amburgo 16 medici del consiglio cittadino su 20, a Londra tutti i mastri della corporazione dei sarti e dei cappellai. Solo la Polonia, il Belgio, Praga, la Germania meridionale, Firenze e Milano vennero risparmiate; il resto d’Europa venne colpito con violenza. La Norvegia rimase senza sovrani, tanto da indurre i regni scandinavi ad unirsi sotto la corona danese.
Solo nel XV secolo il numero degli abitanti europei cessò di calare.


I medici dell'epoca rimasero disorientati di fronte a questo fenomeno, per loro incomprensibile. Allora la formazione del medico prevedeva una solida preparazione astrologica, che impegnava la maggior parte del loro studio. Le teorie mediche risalivano all'antichità, a Ippocrate e Galeno, secondo i quali le malattie nascevano da una cattiva miscela (discrasia) dei quattro umori del corpo: sangue, flemma, bile gialla e bile nera. L'idea stessa del contagio era sconosciuta alla medicina galenica, e del tutto impensabile la trasmissione di malattie da animale a uomo. Si pensava piuttosto che dei "soffi pestiferi" avessero trasportato la malattia dall'Asia all'Europa, oppure che la malattia fosse causata da miasmi provenienti dall'interno della terra.

Medico della peste

I consigli o regimi contro la peste, opere mediche che mostravano come difendersi dal contagio, divennero quasi un genere letterario. In particolare il più importante fu il Regimen Sanitatis Salernitanum, documento scritto in latino in cui erano contenute tutte le competenze mediche del tempo. Si consigliava di tener aperte solo le finestre rivolte a nord, perché i venti da sud - caldi e umidi - erano considerati dannosi. Il sonno durante il giorno era bandito, così come il lavoro pesante. Secondo molti la peste colpiva di preferenza le donne giovani e belle. E, in effetti, la peste contagiava con maggior facilità più le donne degli uomini, e più i giovani che gli anziani.
Molti medici, di fronte alla peste, fuggivano. Se fuggivano erano considerati dei vigliacchi. Se restavano, erano considerati interessati solamente al denaro. Riferisce il cronista Marchionne di Coppo Stefani: "Medici non se ne trovavano, perocché moriano come gli altri; e quelli che si trovavano, volevano smisurato prezzo innanzi che intrassero nella casa." In caso di peste, l'unico dovere del medico era di invitare l'ammalato a confessarsi. Il rimedio cui i medici più frequentemente ricorrevano erano fumigazioni con erbe aromatiche. Papa Clemente VI, per tutta la durata dell'epidemia ad Avignone, rimase rinchiuso nei suoi appartamenti, dove erano accesi grandi falò. È probabile che in questo modo riuscì realmente a sfuggire al contagio: il calore allontana le pulci.

Conseguenze
Il crollo demografico comportò la disponibilità di nuovi posti di lavoro e terre da coltivare. Diversi villaggi vennero abbandonati, in favore di quei villaggi vicino a terreni agricoli più remunerativi. I fitti agricoli crollarono, mentre le retribuzioni nelle città aumentarono sensibilmente. Per questo un gran numero di persone godette, dopo la peste, di un benessere che in precedenza era irraggiungibile.
L'aumento del costo della manodopera favorì un'accentuata meccanizzazione del lavoro. Così il tardo Medioevo divenne un'epoca di notevoli innovazioni tecniche. David Herlihy cita l'esempio della stampa. Fino a quando i compensi degli amanuensi erano rimasti bassi, la copia a mano era una soluzione soddisfacente per la riproduzione delle opere. L'aumento del costo del lavoro diede il via a una serie di esperimenti che sfociò nell'invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg. Sempre Herlihy ritiene che l'evoluzione della tecnica delle armi da fuoco sia da ricondurre alla carenza di soldati.
Secondo alcuni storici della cultura, tra cui in particolare Egon Friedell, la peste nera causò la crisi delle concezioni medievali di uomo e di universo, scuotendo le certezze della fede che avevano dominato fino ad allora, e vide un rapporto causale diretto tra la catastrofe della peste nera e il Rinascimento.

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