I gatti hanno ricoperto sempre un ruolo importante nel Medioevo, visto che eliminavano una della più diffuse minacce per la conservazione del cibo e per la salute, ovvero i topi. Ciò nonostante, alcuni autori del tempo davano altresì una connotazione negativa all'attività felina per antonomasia, ponendo sullo stesso piano il modo con cui i gatti catturano i topi a quello con cui il diavolo si impadronisce delle anime. Esempio di ciò sono le parole di William Caxton, il primo tipografo inglese vissuto nel XV secolo, il quale scrisse: “Il diavolo spesso gioca con il peccatore come il gatto fa con il topo”.
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Illustrazione tratta da un manoscritto medievale, in cui due gatti sono ritratti in atteggiamenti riconducibili alla loro presunta natura diabolica |
Nel XII secolo l’associazione gatto-diavolo era talmente radicata, che riferimenti alla sua perversa venerazione si ritrovano anche nelle carte processuali: tra le accuse mosse a gruppi religiosi eretici come i Catari e Valdesi, vi era anche quella di adorare i gatti, mentre durante il processo ai Templari, all'inizio del XIV secolo, non mancava l’accusa di far partecipare i gatti alle cerimonie religiose e di pregare per essi. Per quanto riguarda le streghe, si sosteneva che tra i loro espedienti vi fosse quello di assumere sembianze feline. Queste convinzioni erano così diffuse e radicate che papa Innocenzo VIII, nel 1484, dichiarò in maniera ufficiale e solenne: “il gatto è l’animale preferito del diavolo e idolo di tutte le streghe”.
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Il gatto nel suo ruolo di cacciatore (British Library, 1440 circa) |
Secondo la storica Irina Metzler, a scatenare questa secolare avversione per il gatto, vi è l'indole indipendente e libera dell’animale, in particolar modo se confrontata con la natura fedele del cane. Per l’uomo dell'epoca, che credeva che gli animali fossero stati creati da Dio per servire ed essere governati dagli esseri umani, il gatto doveva rappresentare una spiacevole eccezione, in quanto, pur addomesticato, ogni gatto risultava comunque essere restio all'obbedienza e alla fedeltà.
Per questo, nonostante fossero accettati per la funzione di caccia ai topi, i gatti erano considerati ugualmente come una sorta di intrusi nella società medievale. La loro riluttanza all'obbedienza, l'introdursi in casa di soppiatto (come i topi), la loro indifferenza nei confronti dell'uomo, erano tutti fattori che accrescevano la diffidenza nei confronti di questi animali, i quali però tornavano utili quando svolgevano il ruolo di cacciatore; però anche quando il gatto effettua un compito utile, non lo fa in quanto amico dell'uomo.
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Miniatura medievale di un cane che aggredisce un gatto, il quale, a sua volta, dà la caccia a dei topi (XII secolo) |
La natura del gatto può, quindi, in un certo senso, rimandare alla condizione degli eretici, che, in un certo qual modo, rifiutano di assoggettarsi a tutti i dogmi religiosi. Questo parallelismo consente di considerare il gatto come l'animale eretico per eccellenza.
Tuttavia, non tutti odiavano i gatti nel medioevo: nel mondo islamico erano molto apprezzati, fondamentalmente per due ragioni: la prima legata alla tradizione ed a Maometto che, secondo alcuni racconti, li amava profondamente; la seconda connessa ad aspetti più di carattere culturale e simbolico, in quanto un animale così attento all'igiene ed alla pulizia, non poteva che distinguersi positivamente rispetto agli altri.
Tirando le somme, si può affermare l'astio del mondo occidentale (che prediligeva il cane) nei confronti del gatto, era controbilanciato dall'amore e dal rispetto di quello musulmano.
La citazione su Innocenzo VIII sembra non avere fonti attendibili, qui un articolo chiarificatore:
RispondiEliminahttp://storiadelleidee.blogspot.it/2017/10/il-gatto-nel-medioevo-era-davvero-cosi-odiato.html?m=1
Ringraziando per la segnalazione, possiamo soltanto dire che ci siamo rifatti a ciò che vagamente viene riportato su di un testo di Jean-Claude Schmitt, il quale affronta il tema della superstizione legata al mondo animale, accennando qualcosa anche sul gatto.
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