I Goti e i Bizantini nel panorama italiano del V-VI secolo

Alla fine del V secolo dopo Cristo, l'Italia fu occupata da Teodorico, che secondo la consuetudine denominata dell' Hospitaticum, divise fra i suoi soldati un terzo delle terre e riconobbe loro il diritto di portare le armi, ma conservò per i Romani l'amministrazione civile, dando onori e potere ai loro rappresentanti, come al senatore Cassiodoro, ministro e segretario del re, e al filosofo Severino Boezio, della famiglia degli Anici Magister officiorum (522). La capitale fu trasferita a Ravenna, mentre la sede senatoria rimase a Roma e i Goti promulgarono un edictum tratto largamente da leggi romane.

L'Italia al tempo dei Regni Romano Barbarici

La politica estera teodoriciana conseguì buoni successi: il sovrano respinse i Gepidi oltre il Danubio e quando Clodoveo, re dei Franchi, attaccò il re visigoto di Tolosa, sconfiggendolo nel 507 nella battaglia di Vouillé e relegandolo oltre i Pirenei nella sulla Spagna del Nord, Teodorico si diresse, per parte sua, contro i Burgundi conquistando la Provenza. Ma il programma egemonico del goto, spintosi fino al Norico, alla Dalmazia romana fino ai limiti della Pannonia e della Rezia, unito al potenziamento della cultura, dell'urbanistica, dell'agricoltura, si dissolse, tuttavia, per contrasti religiosi alimentati dalla sua politica antiariana e dalle interessate intromissioni bizantine.
Nel 523 l'imperatore emanò un editto antiariano. Le popolazioni italiane manifestarono la loro propensione per la tradizione imperiale piuttosto che per la germanica. Iniziarono, allora, i tristi anni delle persecuzioni. Furono imprigionati Papa Giovanni I e Albino, presidente del Senato. Severino Boezio autore del "De consolatione philosophiae" scritto in carcere, e Simmaco che li difesero, furono imprigionati e uccisi.

Una pagina del "De consolatione philosophiae"

La morte di Teodorico che avvenne nel 526, mise in luce la debolezza della sua costruzione politica e i successori resero ancora più precaria la compagine gota, entrata in crisi quando divenne imperatore Giustiniano nel 527, abile e intelligente, di pronto intuito e fortunato nella scelta dei collaboratori. Il sovrano bizantino volle anzitutto rinverdire la tradizione giuridico-amministrativa. Al giurista Triboniano dette l'incarico di riformare i Codici: nacque, allora, il Corpus Juris Civilis Justinianei, completato nel 534. Trent'anni dopo, nel 565, uscirono le Novellae Constitutiones, ovvero le leggi emanate da Giustiniano dopo l'edizione del Corpus. Allo stesso tempo l'imperatore volle ricostruire l'unità dell'Impero Romano: respinse i Bulgari e trattenne i Persiani dopo aver sconfitto il loro re Cosroe, invasore della Siria. I grandi generali, Belisario e Narsete, conquistarono l'Africa Romana, la Spagna, la Sardegna, la Corsica e le Baleari, sottratte ai Vandali nel 534.

Giustiniano, mosaico nella Basilica di S.Vitale, Ravenna

Fu più difficile la riconquista dell'Italia. Amalasunta, figlia di Teodorico, succedutagli al trono, fu estromessa e uccisa dal cugino Teodato. A quel punto Giustiniano dichiarò guerra all'usurpatore e dal 535 al 553, la penisola divenne teatro di una cruenta guerra combattuta da Belisario e da Narsete contro Vigite e Totila, morti entrambi in battaglia. Alla fine tutti i vecchi territori tornarono in mano bizantine nel 554; poi, con la Prammatica sanzione, Giustiniano, regolò i rapporti dell'Impero con l'Italia. La capitale fu posta a Ravenna e l'imperatore fu rappresentato dall'esarca. Significative funzioni anche amministrative furono per la prima volta conferite ai vescovi occupatisi, fra l'altro, della raccolta delle imposte municipali, degli edifici pubblici, dell'assistenza ai derelitti.

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