L'archeologia forense nel massacro della Battaglia di Visby 1361

Oggi analizzeremo, attraverso lo studio archeologico forense, quello che avvenne nella Battaglia di Visby nel 1361 nei pressi dell'omonima città, posta nell'isola di Gotland, nel Mar Baltico.
Lo scontro sul terreno di battaglia vide fronteggiarsi il re Valdemar IV di Danimarca e la fazione per così dire "ribelle", ostile all'invasione danese. Lo scontro fu cruentissimo ove vide la vittoria schiacciante il re Valdermar IV di Danimarca.
Nel 1905 furono avviati degli scavi archeologici sulla presunta aerea di scontro delle due fazioni da parte di Oscar Wilhelm Wennersten e Nils Pettersson; nello scavo fu rinvenuto una fossa comune con decine o forse anche centinaia di resti umani della battaglia, tutti frammentati e in modo molto caotico. Subito questa scoperta di lì a poco, furono avviati altri scavi sistematici nell'area che si conclusero intorno al 1930 con ben 5 fosse comuni, apportando ulteriori reperti di interessante valore storico-archeologico. Accanto agli archeologi vi fu affiancato un equipe multidisciplinare formati da osteologici, esperti in armi e armature medievali, storici e anche studiosi di fabbricazione di armi e armature antiche e medievali.

La fossa comune scoperta nel primo scavo del 1905

I resti rinvenuti nel totale degli scavi risultano ad oggi intorno a 1185 individui, per le cifre riportate dagli studiosi dovrebbe essere circa il 3/4 del totale dei caduti nella battaglia, poichè entrambi i fronti secondo dati e ricostruzioni della battaglia ammontavano a circa 4000 uomini da entrambi gli schieramenti. Gli scheletri analizzati risultano essere sia di ragazzi intorno ai 17 anni o di età minore e altri di uomini oltre i 50 anni, di cui questi con evidenti segni di artrosi e lesioni dovute a fratture. L'armamento riscontrato negli scavi è stato poco, si annoverano mazzafrusti, coltelli e dardi di balestra conficcati nei crani dei malcapitati. Molte le cotte di maglia rinvenuti di cui camagli, giachi di maglia incompleti, manopole in piastra e corazze lamellari con fondo in cuoio e rivestiti in lamine di metallo. L'ammasso di scheletri riportato alla luce in questa fossa comune, è stato associato sicuramente alla fazione ribelle che si oppose all'invasione dell'isola da parte di Valdemar IV di Danimarca, questo lo deduciamo in primo luogo per la dura sconfitta inflitta ai ribelli da parte del re danese, e poi anche dal tipo di equipaggiamento usato dalla fazione succube che risulta totalmente differente anche nei singoli individui.

Le armature lamellari rinvenute nella fossa comune

Dalle ricostruzioni dello scontro sappiamo che la fazione danese aveva schierato sul campo di battaglia intorno ai 2000 uomini: di questi, una buona parte cavalieri e i restanti appiedati mercenari; per la fazione ribelle, anche loro schieravano 2000 uomini circa, ma perlopiù contadini e mal equipaggiati. Per quelle poche armature che potevano permettersi i contadini, sono servite a poco alla carica della cavalleria professionale del XIV secolo e agli esperti mercenari. Le armi furono quelle tradizionali secondo gli archeologi e l'equipe specializzata, parliamo di asce, spade, mazze e martelli d'arme (quest'ultimo in base ad uno scheletro avente il cranio rotto a forma esagonale o romboidale), altre armi furono come abbiamo detto prima quella da lancio, le balestre che ancora oggi possiamo vedere conficcate in un cranio rinvenuto.

Manopola rinvenuta negli scavi
Altri indicazioni sono le grosse rotture sugli arti inferiori di alcuni scheletri rinvenuti, specie alle tibie, dove sicuramente nel corpo a corpo era il primo bersaglio da colpire per mettere subito fuori combattimento l'avversario per poi finirlo. Nel complesso, i dati più impressionanti sono stati questi dei danni riscontrabili sulle ossa rinvenute. I colpi furono molti nel corso della battaglia, ad oggi se ne calcolano circa 600, di cui 125 di solo dardi, il resto dalle armi a botta descritti prima.

Dardi di balestra conficcati nel cranio del soldato





  Vennero rinvenuti anche alcuni ferri di cavallo e degli speroni, confermando che i cavalieri erano in buona parte presenti nell'esercito danese e che, sul campo di battaglia hanno fatto la differenza rispetto gli avversari non professionisti e aggregati in fretta e furia con qualsiasi arma a disposizione.
Teschio rinvenuto ancora nel suo camaglio 

Le armi da botta, hanno lesionato il cranio di molti scheletri per la loro violenza riportata rompendo camaglio, infula e cranio, altri ancora li avevano spezzati in due o addirittura pezzi di camaglio incastrati nell'osso. In sintesi possiamo concludere che il combattimento si doveva essere svolto tra due fazioni di soldati esperti e una totalmente inesperta e recuperata in fretta e furia per difendersi dall'esercito di incursione, formata da gente di tutta età da un minimo di diciassette anni o meno, sino a oltre i cinquant'anni.                                                                                                         
Cranio di un soldato colpito in pieno volto
Lo scontro fu sicuramente un corpo a corpo, ma probabilmente prima ci fu qualche salva di dardi che fecero il loro ingente danno. Il valore e l'importanza storica di questi rinvenimenti consente alla ricerca storica di ricostruire un aspetto storico della vita medievale e di chiarirci molti particolari sulla guerra del tempo.

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