Il distanziamento sociale e la quarantena, che tanto ci stanno facendo penare in tempi di coronavirus, non sono di sicuro misure inedite adottate per contrastare epidemie catastrofiche caratterizzate da malattie estremamente contagiose.
La famigerata peste nera del 1348, una delle più grandi catastrofi della storia, dato che causò la morte di almeno un quarto della popolazione europea, e le successive epidemie della stessa epoca diedero origine appunto a queste due innovazioni: la
quarantena e il
lazzaretto.
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Trionfo della morte, Palazzo Sclafani, Galleria regionale di Palazzo Abatellis, Palermo (1446) |
La prima ebbe origine a
Ragusa (la odierna Dubrovnik), la «quinta repubblica marinara», situata nell'Adriatico meridionale, sulla costa oggi croata. Nel 1377 la città decretò che le navi provenienti da località infette potessero entrare in porto soltanto dopo un mese di isolamento. Tre anni prima,
Venezia aveva vietato alle navi sospettate di infezione di entrare nel porto.
Ragusa fu però la prima città a stabilire un luogo di approdo per tali navi. Questo provvedimento si diffuse in tutti i porti del Mediterraneo e fu portato a quaranta giorni, in omaggio alla teoria del celebre medico greco
Ippocrate (circa 460-377 a.C.) secondo cui una malattia acuta, tipo la peste, avrebbe dovuto manifestarsi entro 40 giorni, altrimenti si sarebbe trattato di una malattia cronica, quindi non di peste. Pertanto, il periodo di isolamento venne chiamato quarantena.
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Miniatura di Ragusa, la odierna Dubrovnik |
Questo periodo di 40 giorni non ha un vero e proprio fondamento dal punto di vista scientifico, ma trae origine dalla credenza diffusa nel mondo antico, e in particolare mediorientale, secondo cui il 40 rappresentava un periodo significativo, soprattutto di preparazione spirituale, purificazione o penitenza. Questo concetto risale al fatto che gli astronomi babilonesi associavano varie catastrofi naturali, soprattutto tempeste e inondazioni, al periodo di 40 giorni in primavera in cui la costellazione delle
Pleiadi non è visibile. Proprio durante quel periodo, fra aprile e maggio, in
Mesopotamia, vi erano infatti le piene dei fiumi, che molto spesso causavano inondazioni, con morte e distruzione. Per tale ragione, questo lasso di tempo giunse a rappresentare una difficoltà da superare, un periodo di sofferenza e penitenza, ma anche di preparazione a qualche evento gioioso. Così, nella tradizione giudaico-cristiana troviamo vari esempi di tali periodi: il diluvio universale dura 40 giorni e 40 notti, per un periodo analogo
Mosè ascolta la parola di
Dio sul Sinai,
Gesù trascorre 40 giorni nel deserto a digiunare (un evento ricordato nella Quaresima cristiana, periodo di preparazione alla Pasqua) e 40 giorni dopo la risurrezione ascende al cielo.
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Lazzaretto vecchio di Venezia |
Nel 1423 la Repubblica di Venezia decretò che la quarantena si svolgesse su un'isola della laguna dove sorgeva il monastero di
Santa Maria di Nazareth, così il ricovero degli appestati fu chiamato
nazareto e poi
lazzaretto, per sovrapposizione con
San Lazzaro, patrono dei lebbrosi, a cui era dedicato un altro ospedale veneziano e il cui personale assisteva, oltre ai lebbrosi, anche gli appestati. Il
Lazzaro in questione era il povero mendicante ricoperto di piaghe di cui narra il Vangelo di Luca (16, 20-21), diventato protettore dei lebbrosi proprio perché aveva la pelle piagata. Le credenze popolari confusero questo Lazzaro con quello più noto, resuscitato da
Gesù secondo il racconto del Vangelo di Giovanni (11, 1-46), e questa confusione ne generò un'altra, facendo sì che in
Francia i lebbrosari venissero chiamati anche
magdaleines. Poiché le due sorelle del
Lazzaro resuscitato si chiamavano
Marta e
Maria, i lebbrosi invocavano anche quest'ultima, confondendola con
Maria Maddalena.
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