La peste nera: gli ebrei come capro espiatorio

La Peste Nera - di cui ci siamo occupati in due precedenti articoli (parte Iparte II) - fu una delle più devastanti pandemie della storia umana. Con il picco in Europa, tra il 1348 e il 1350, falciò un terzo della popolazione, uccidendo oltre 100 milioni di persone. Nella maggior parte dell'Europa, ci vollero 80 anni prima che potessero ripristinarsi i precedenti livelli demografici, e in alcune aree addirittura un secolo e mezzo. 
La peste nera venne importata dal nord della Cina, passò attraverso la Siria e si diffuse in Turchia e in Grecia. Nel 1347 arrivò nei porti italiani, in Sicilia e poi a Genova, e l'anno successivo la piaga aveva già infettato la Svizzera. Da qui, la peste raggiunse Francia e Spagna, e in seguito Inghilterra e Irlanda. Soltanto nel 1353 la malattia si ridusse, per poi scomparire quasi del tutto (anche se non definitivamente). 
 
 
Rappresentazione della peste bubbonica che colpì la città di Tournai. Immagine tratta dalle cronache di Gilles Li Muisis (1272-1352) - Biblioteca Reale del Belgio
 
 
Oggi sappiamo, con un certo grado di sicurezza, che la peste nera era causata da Yersinia pestis, un batterio che si trasmette dai ratti agli umani per mezzo delle pulci. La malattia è letale in più della metà dei casi, e se oggi può essere trattata e sconfitta, ai tempi non si conoscevano modi per combatterla. Nel XIV secolo non c'erano certezze sulle cause del morbo, e ancora non si sapeva, in generale, che le malattie sono il risultato dell'azione di microrganismi. Per questo, molti europei erano convinti che la pandemia fosse da ascrivere a cause soprannaturali o a cospirazioni diaboliche. Molti la considerarono una punizione divina, e tra questi ci fu Giovanni Boccaccio, che si chiedeva se la peste fosse stata mandata da Dio o se fosse giunta attraverso l'influenza dei corpi celesti.
 
 
Rogo di ebrei in un manoscritto di Gilles Li Muisis del XIV secolo
 
 
Ma ciò non bastava. Come sempre, a fronte delle grandi calamità della storia, si sentiva il bisogno di attribuirne la causa a un popolo o a una comunità di persone, che fungevano appunto da “capro espiatorio”. La colpa questa volta ricadde sugli ebrei e sui lebbrosi. 
Molti cristiani accusarono gli ebrei della diffusione della malattia, sostenendo che questi avvelenavano le riserve d'acqua pubblica per distruggere la civilizzazione europea. Questa diceria portò a conseguenze terribili e a persecuzioni inaccettabili, e venne alimentata dal fatto che – notavano i cristiani – gli ebrei che perdevano la vita a causa della peste erano meno. Il vero motivo, però, è da rintracciarsi nelle migliori abitudini igieniche che gli ebrei avevano sviluppato nel corso dei secoli. 
Ci furono diversi massacri, scatenati nell'isteria generale della popolazione. I sovrani dovettero accorrere in difesa degli ebrei, adottando anche misure di supporto. Il papa Clemente VI disse pubblicamente che la malattia aveva causa naturale o divina, e non era certo dovuta all'intervento umano. Emesse anche due bolle pontificie, nel 1349, in cui scomunicava chiunque perseguitasse gli ebrei.
 
 
Ebrei condannati al rogo, accusati di aver diffuso la peste tramite l'avvelenamento dei pozzi. Stampa del XV secolo

 
Questo dimostra, al di là del crescente sentimento antisemita che andrà amplificandosi nel corso dei secoli, che la massa delle persone, nella loro mente semplice, hanno bisogno di trovare un nemico comune - il capro espiatorio, appunto - ogni qual volta che l'umanità viene messa a dura prova da calamità terribili e sconosciute. È quello che è accaduto con la peste del '600 ad esempio, quando ad essere accusati furono gli untori; accade, con le dovute proporzioni, in questi mesi, in cui sono stati accusati dall'opinione pubblica a più riprese, soprattutto sui social network, runner, discoteche e la movida in generale. Quel che sembra certo è che tutto ciò avverrà anche in futuro.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le acconciature e i capelli nel Medioevo

La scrittura nel medioevo

Il Letto in epoca medievale