La crisi del papato e i primi movimenti di riforma (parte 2)

Nell'articolo precedente abbiamo parlato della crisi del papato che avvenne intorno al 1305; successivamente, negli anni a seguire, si ebbero altri movimenti di riforma che modificarono in parte alcune problematiche della Chiesa.

Agli inizi del XV secolo, l'unico modo che aveva la Chiesa per salvarsi dalla crisi che la stava schiacciando, era quello di convocare un concilio ecumenico, cosa che avvenne nel 1414 a Costanza. Il concilio, appoggiato anche dall'imperatore Sigismondo di Lussemburgo, preoccupato per l'attività anti-tedesca del movimento hussita, si concluse con l'elezione di un nuovo e unico papa, Martino V (1414-31), il quale pose fine allo scisma d'Occidente. L'assemblea, inoltre, vide il trionfo della teoria conciliare, tanto che un decreto stabilì che il concilio non solo fosse il rappresentante della Chiesa cattolica, ma ricevesse direttamente da Cristo il suo potere, per cui ad esso dovevano obbedire tutti, papa compreso. Nel corso dell'assemblea conciliare venne anche giudicato Giovanni Huss, che fu dichiarato eretico e condannato al rogo. Ma i guai non erano finiti.          

Targa commemorativa del Concilio di Costanza (1414-1418)

Durante il concilio di Basilea (1431-49), infatti, il successore di Martino V, Eugenio IV (1431-47), tentò di fare un passo indietro rispetto alle decisioni di Costanza, con il risultato di venire deposto. Al suo posto venne eletto papa l'ex Duca di Savoia Amedeo VIII, che assunse il nome di Felice V. Poiché, Eugenio IV si rifiutò di riconoscere il nuovo pontefice, si venne a creare un nuovo scisma che si concluse nel 1449, quando Felice V rinunciò alla tiara pontificia. Il papato era finalmente riuscito a superare la crisi provocata dallo scisma d'Occidente e dal movimento conciliarista, ma aveva pagato un alto prezzo: era infatti stato costretto ad accordare ai sovrani europei un ampio controllo sulla vita ecclesiastica dei rispettivi Paesi, minando per sempre le aspirazioni ierocratiche che i pontefici avevano perseguito per quasi tre secoli. 

Non tutti imboccarono la strada della protesta e della riforma per tentare di cambiare la Chiesa. Molti infatti scelsero di vivere il messaggio cristiano con forme devozionali interiori, lontane dal clamore di grandi movimenti riformatori. 

Duca di Savoia Amedeo VIII, conosciuto come Felice V

Questo bisogno di interiorità, molto diffuso anche tra i laici, si era già sviluppato nel 1200 nei paesi dell'Europa del Nord e aveva preso il nome di beghinaggio. Beghini e beghine erano quei laici che avevano scelto di vivere, pur non prendendo i voti, in piccole comunità dedite alla preghiera. Nei secoli XIV e XV, i francescani e i domenicani riuscirono a imporre il loro controllo su queste comunità, spesso guardate con sospetto perché, a volte, al loro interno si sviluppavano correnti ereticali. Molti laici entrarono nel terzo ordine francescano o domenicano. I laici organizzati nei terz'ordini sottostavano a una regola compatibile con i loro impegni mondani e costituivano gruppi di persone particolarmente ferventi e dedite alla preghiera e alla contemplazione. All'inizio del XV secolo la contemplazione venne in parte abbandonata, in favore di forme devozionali che tendevano sempre più frequentemente all'imitazione delle doti umane di Cristo, alla pratica di opere di carità e all'insegnamento. Da questi gruppi di devoti nacquero alcuni collegi che furono tra i principali centri di diffusione dell'umanesimo nell'Europa del Nord.

Disegno di una beghina da Des dodes dantz.
Stampato a Lubecca nel 1489


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