Mansa Musa, l'uomo più ricco della storia
Quando ci si domanda chi sia stato il personaggio dell’antichità più ricco in assoluto, spesso la mente evoca immagini di figure leggendarie, personalità che si sono scavate una nicchia nella storia, ma sulla cui effettiva ricchezza abbiamo solo storie dalla dubbia autenticità e vaghe supposizioni. Un sovrano medievale, tuttavia, può vantare numerosi resoconti relativamente dettagliati della sua ricchezza, che sembrerebbero confermare il fatto che il suo patrimonio sia stato uno dei più sconfinati di tutti i tempi: Mansa I (1280-1337), detto anche Mansa Musa. Egli fu il decimo sultano dell’impero del Mali, un territorio che al suo tempo comprendeva il Ghana, Senegal, Gambia, Guinea, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Chad, le regioni meridionali della Mauritania e il Mali per l'appunto. Musa veniva definito con numerosi appellativi: “Emiro di Melle”, “Signore delle Miniere di Wangara”, “Conquistatore del Ghanata”. Tutti questi titoli non furono immeritati: Mansa Musa conquistò ben 24 città e territori limitrofi, e trasformò il suo regno nel più grande produttore d’oro del mondo antico.
L'impero di Mansa Musa. In rosso i suoi confini |
Musa raffigurato in una carta geografica catalana del 1375 circa |
Il Mali al tempo era un regno islamico e Musa un devoto musulmano. Tra il 1324 e il 1325 organizzò un pellegrinaggio alla Mecca predisponendo una carovana di proporzioni colossali. Con lui viaggiavano 60.000 uomini vestiti di seta persiana, inclusi 12.000 schiavi che trasportavano ciascuno 1,8 kg di barre d’oro, e 500 araldi vestiti di seta che portavano altrettanti bastoni d’oro. La spedizione comprendeva anche 80 cammelli e una quantità non precisata di cavalli, ognuno dei quali trasportava da 20 a 130 kg di polvere d’oro, che fu donata ai poveri durante lo spostamento da villaggio a villaggio, o ceduta in cambio di souvenir nelle varie tappe del pellegrinaggio. Queste donazioni d’oro devastarono le economie locali poco dopo il passaggio di Musa: al Cairo, a Medina e alla Mecca, l’iniezione d’oro del Mali rese temporaneamente felici i più poveri, ma ridusse il valore di questo metallo prezioso per un’intera decade, causando una crisi economica senza precedenti. Per porvi rimedio, al ritorno dal suo pellegrinaggio, Musa prese in prestito tutto l’oro che poteva trasportare ad interessi astronomici, unico caso nella storia in cui un solo uomo riuscì a controllare il prezzo dell’oro e il suo valore sul Mediterraneo, a proprio piacimento.
L'università di Timbuktu |
Al ritrono in patria, Musa si dedicò ad aumentare a dismisura il prestigio del suo regno. Nel 1325 acquistò alcuni architetti dall’Andalusia per edificare il suo palazzo a Timbuktu e la moschea di Djinguereber, progettata da Abu Es Haq es Saheli, che fu pagato con 50 kg di polvere d’oro. Sotto Mansa Musa, Timbuktu divenne un importantissimo centro culturale e commerciale: attirava mercanti dall’Egitto e da ogni regno africano, ospitava una madrasa,ovvero un'università, e le notizie sulla ricchezza del Mali si diffusero fino in Europa, solleticando la curiosità di mercanti veneziani, spagnoli e genovesi in cerca di ottimi affari. Al termine del regno di Musa, l’università di Timbuktu conteneva la più vasta collezione di libri dell’Africa dall’epoca della Biblioteca reale di Alessandria, ospitava 25.000 studenti e custodiva circa un milione di manoscritti.
Fantastico personaggio
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