Mansa Musa, l'uomo più ricco della storia

Quando ci si domanda chi sia stato il personaggio dell’antichità più ricco in assoluto, spesso la mente evoca immagini di figure leggendarie, personalità che si sono scavate una nicchia nella storia, ma sulla cui effettiva ricchezza abbiamo solo storie dalla dubbia autenticità e vaghe supposizioni. Un sovrano medievale, tuttavia, può vantare numerosi resoconti relativamente dettagliati della sua ricchezza, che sembrerebbero confermare il fatto che il suo patrimonio sia stato uno dei più sconfinati di tutti i tempi: Mansa I (1280-1337), detto anche Mansa Musa. Egli fu il decimo sultano dell’impero del Mali, un territorio che al suo tempo comprendeva il Ghana, Senegal, Gambia, Guinea, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Chad, le regioni meridionali della Mauritania e il Mali per l'appunto. Musa veniva definito con numerosi appellativi: “Emiro di Melle”, “Signore delle Miniere di Wangara”, “Conquistatore del Ghanata”. Tutti questi titoli non furono immeritati: Mansa Musa conquistò ben 24 città e territori limitrofi, e trasformò il suo regno nel più grande produttore d’oro del mondo antico.

L'impero di Mansa Musa. In rosso i suoi confini

L’inizio del regno di Mansa Musa (1312) si deve ad Abubakari Keita II, noto come Mansa Qu, nono mansa del Mali. Egli nominò Mansa Musa come reggente prima di partire per una spedizione volta ad esplorare i limiti dell’Oceano Atlantico, senza tuttavia fare più ritorno. Quando Musa fu nominato reggente, il Mali era già il fulcro delle rotte commerciali dell’oro e del sale. Per equipaggiare le 3.000 navi di Mansa Qu fu necessaria una spesa quasi incalcolabile, un impegno economico che probabilmente nessuna grande potenza del tempo si sarebbe potuta permettere. Il merito di Mansa Musa fu quello di estendere ulteriormente l’influenza del Mali in Africa e diffondere un sistema economico e legislativo unico su tutti i territori da lui controllati.
Calcolare con precisione la ricchezza di Mansa Musa è un compito difficile, ma sappiamo per certo che, paragonata a quella dei miliardari moderni, susciterebbe imbarazzo in molti di loro. Sappiamo per certo che l’oro abbondava nel Mali; il sale e l’avorio, beni di gran pregio nel XIV secolo, erano presenti in ogni città del regno di Musa e ingigantivano un patrimonio aureo già incalcolabile. Secondo le stime del sito statunitense Celebrity net worth, in base al tasso di inflazione attuale, la sua ricchezza equivaleva a 400 miliardi di dollari americani; quest'anno, l’uomo più ricco del mondo, secondo il Billionaires Index di Bloomberg, è Jeff Bezos con 113 miliardi di dollari.
 
Musa raffigurato in una carta geografica catalana del 1375 circa

Il Mali al tempo era un regno islamico e Musa un devoto musulmano. Tra il 1324 e il 1325 organizzò un pellegrinaggio alla Mecca predisponendo una carovana di proporzioni colossali. Con lui viaggiavano 60.000 uomini vestiti di seta persiana, inclusi 12.000 schiavi che trasportavano ciascuno 1,8 kg di barre d’oro, e 500 araldi vestiti di seta che portavano altrettanti bastoni d’oro. La spedizione comprendeva anche 80 cammelli e una quantità non precisata di cavalli, ognuno dei quali trasportava da 20 a 130 kg di polvere d’oro, che fu donata ai poveri durante lo spostamento da villaggio a villaggio, o ceduta in cambio di souvenir nelle varie tappe del pellegrinaggio. Queste donazioni d’oro devastarono le economie locali poco dopo il passaggio di Musa: al Cairo, a Medina e alla Mecca, l’iniezione d’oro del Mali rese temporaneamente felici i più poveri, ma ridusse il valore di questo metallo prezioso per un’intera decade, causando una crisi economica senza precedenti. Per porvi rimedio, al ritorno dal suo pellegrinaggio, Musa prese in prestito tutto l’oro che poteva trasportare ad interessi astronomici, unico caso nella storia in cui un solo uomo riuscì a controllare il prezzo dell’oro e il suo valore sul Mediterraneo, a proprio piacimento.

L'università di Timbuktu

 Al ritrono in patria, Musa si dedicò ad aumentare a dismisura il prestigio del suo regno. Nel 1325 acquistò alcuni architetti dall’Andalusia per edificare il suo palazzo a Timbuktu e la moschea di Djinguereber, progettata da Abu Es Haq es Saheli, che fu pagato con 50 kg di polvere d’oro. Sotto Mansa Musa, Timbuktu divenne un importantissimo centro culturale e commerciale: attirava mercanti dall’Egitto e da ogni regno africano, ospitava una madrasa,ovvero un'università, e le notizie sulla ricchezza del Mali si diffusero fino in Europa, solleticando la curiosità di mercanti veneziani, spagnoli e genovesi in cerca di ottimi affari. Al termine del regno di Musa, l’università di Timbuktu conteneva la più vasta collezione di libri dell’Africa dall’epoca della Biblioteca reale di Alessandria, ospitava 25.000 studenti e custodiva circa un milione di manoscritti.


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