Le monete napoletane medievali

A Napoli si batteva conio fin dal tempo dei greci, ma è nel Medioevo, con il passaggio del Regno di Napoli sotto la corona angioina, che si ha una fioritura del conio di una propria moneta grazie all'istituzione di una zecca presso Castel Capuano.


Saluto d'oro battuto da Carlo I d'Angiò

Nel 1278 infatti, Carlo I d'Angiò istituisce la zecca nell'antico castello normanno; prima Carlo II e poi Roberto d'Angiò sposteranno la zecca in nuove sedi, fino alla sede finale, nel 1333, nel Convento di Sant'Agostino, nel quartiere di Forcella, che prenderà il nome di Sant'Agostino alla Zecca.


Il chiostro di Sant'Agostino alla Zecca


Figura fondamentale all’interno di quest’istituto era il Maestro di Zecca, di cui rimane traccia sulle monete tramite alcune sigle che si era soliti imprimere. Il Maestro di Zecca godeva della fiducia del sovrano, veniva scelto dalla nobiltà napoletana o da coloro che occupavano già cariche importanti di Stato.
Solitamente, una volta coniata, una moneta assumeva un valore intrinseco e continuava a essere battuta anche negli anni successivi, spesso con alcune modifiche, sigle particolari, o cambiamenti di stemma, a seconda del re sul trono.
La prima moneta battuta fu il Saluto, che poteva essere d’oro o d’argento, così soprannominata in onore del re, Carlino. Questo presentava da un lato lo scudo con il giglio di Francia e la croce di Gerusalemme, e dall’altro la scena dell’annunciazione, da cui prende il nome.
L’altra moneta tipica della casa angioina fu il Gigliato, rappresentante da un lato il re seduto e coronato, e dall’altro la croce cantonata da quattro gigli. Questa moneta veniva accettata negli scambi commerciali di tutta Europa e, proprio per questo motivo, largamente contraffatta.

Un gigliato angioino del 1310


Si passa poi all'epoca aragonese: Ferdinando d'Aragona fa coniare il Tornese, che deve il suo nome all’abbazia francese di Tours, in cui fu per la prima volta coniata. Questa presentava su una faccia il re seduto in trono e sull’altra una croce rinforzata.
Vi è un aneddoto molto particolare, riportato in un articolo del Sambon: in esso si racconta che, durante la guerra tra angioini ed aragonesi nel 1460, Ferdinando I d’Aragona, bisognoso di denaro per pagare le truppe, diede ordine di produrre una grande quantità di tornesi abbassandone il valore intrinseco. Si trattò in pratica di una vera e propria falsificazione di Stato; ciò giustificherebbe una differenza di conio tra le varie emissioni.
Questo tipo di moneta verrà sostituita con una di rame chiamata cavallo, in quanto il tornese, per via della grande produzione monetaria, aveva perso troppo valore economico.
La storia monetaria del Regno di Napoli cesserà la sua indipendenza una volta che il regno entrerà nell'orbita dell'Impero spagnolo, e soltanto in epoca borbonica, quando il regno tornerà ad essere indipendente, la città tornerà ad avere una propria moneta.

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