Il manoscritto di Dhouda

Nell'odierna Francia meridionale, nell'841 d.C., esisteva una regione chiamata Settimania e comprendente le coste dell'attuale golfo del Leone. Ad Uzès, una cittadina non molto lontana da Montpellier, la moglie di un nobile locale ha da poco dato alla luce un bambino, che gli viene subito portato via per colpa delle lotte intestine che stanno sconvolgendo l'Impero Carolingio. Già un altro figlio, Guglielmo, era ostaggio di Carlo il Calvo. La madre del bambino è una donna che si spenderà molto per difendere Uzès, ma non dimenticherà mai quel figlio portatogli via ancora in fasce. Quella donna si chiama Dhoudà, e quello di cui parliamo è il libro che ha scritto per i suoi figli.

Una pagina del manoscritto di Dhouda

Per l'epoca, una donna che sapeva scrivere, era cosa più unica che rara: infatti, la scrittura era un lavoro estremamente specialistico, in quanto richiedeva competenze tecniche notevoli, mentre la lettura era praticata già fra diversi nobili: lo stesso Carlo Magno sapeva leggere più lingue. Dhuoda infatti, è una donna di straordinaria cultura, con un profondissimo senso religioso e una grande conoscenza non solo delle scritture sacre, ma anche dei testi filosofici del passato. Nell’841, nello stesso anno in cui ha partorito il neonato (lei forse non lo saprà mai ma sarà chiamato Bernardo dal padre), inizia a scrivere il “Liber Manualis”, un libro-guida per il figlio Guglielmo cresciuto lontano da casa.
Il libro esorta il figlio a vivere una vita retta e a educare il piccolo fratello, portato via dal grembo della madre, al seguito del battagliero gruppo del padre.
Si tratta di uno straziante esempio della condizione della donna in epoca medievale, totalmente assoggettata al volere del marito e alla ragion di stato. Dhuoda nomina il futuro Bernardo III di Tolosa rivolgendosi a Guglielmo come “Tuo fratellino, di cui non conosco ancora il nome“. La donna è praticamente prigioniera nel suo ducato, senza avere alcuna notizia dei figli, i quali sono alla mercé degli impegni politici e militari del marito.

Dhouda

Il contenuto del libro è sostanzialmente una serie di precetti su come essere un buon cristiano, ma si percepiscono anche degli spunti di saggezza da parte di Dhuoda. La nobildonna stabilisce l’obiettivo per ogni nobile ragazzo quando scrive: “Ciò che è essenziale, figlio mio Guglielmo, è che ti mostri un uomo su entrambi i livelli in modo da essere efficace in questo mondo e piacere a Dio in ogni modo“. Oltre a insegnargli tutto ciò che sa sulle questioni spirituali e sull’importanza di fare affidamento su Dio nei momenti difficili, Dhuoda rende edotto Guglielmo sui fatti importanti della sua vita familiare, precisando le date del matrimonio dei suoi genitori, della sua nascita e di quella del fratello minore. Questo tipo di dati sono la base della conoscenza che si trasmette dai genitori ai figli in ogni famiglia moderna, ma è singolare che la donna lo voglia comunicare all’erede. In epoca medievale era molto difficile conoscere con certezza la data di nascita delle persone, anche di elevato rango sociale, mentre veniva annotata quasi sempre la sola data di morte in occasione del funerale. La donna, nonostante si ritenga indegna della salvezza, si riconosce il ruolo di guida nei confronti dei figli; in tal senso emblematico è il seguente passaggio: “Figlio mio, figlio mio primogenito, avrai altri insegnanti che ti presenteranno opere di maggiore e più ricca utilità, ma nessuno sarà come me, tua madre, il cui cuore brucia per te“. Nonostante la donna sia separata dai figli e in quel mommento all’opera nella difesa del suo ducato, conosce il valore e la forza dell’amore materno, e spiega loro (a Gugliemo direttamente e a Bernardo per procura) quanto siano amati.

La città di Uzes oggi

Dhoudà morirà nell'843, dopo aver terminato la scrittura del libro. Non rivedrà mai più i suoi figli: Guglielmo morirà decapitato per tradimento, e il marito della donna pure. Solo Bernardo sopravvivrà fino all'874, anno della sua morte, come nobile della Francia meridionale.

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