Il Roman de la Rose

Nel 1237 un poeta francese, Guillaume de Lorris, cominciò a scrivere un poema allegorico; più tardi, fra il 1275 ed il 1280, Jean de Meung, un altro poeta, portò avanti questo poema creando uno dei testi più famosi di tutto il Medioevo: infatti tutt'oggi ci sono pervenute più di 300 copie di quel periodo, e per questo l'opera  divenuta il poema allegorico più importante di tutto il Medioevo. Stiamo parlando del Roman de la Rose, (il Romanzo della rosa, in italiano). 

Una pagina del poema

Il poema inizia con la descrizione di un sogno allegorico fatto dal poeta stesso, Guillaume de Lorris, quando aveva venti anni.
Nella prima parte, il narratore si pone come obiettivo la conquista di un simbolo rappresentante il sesso della donna amata, nonché l'amata stessa: una rosa. Ciò è possibile mediante l'intervento di Amore. Amore, però, ferisce il protagonista mentre sta attraversando il suo regno: qui abitano diverse figure, tra cui le più rilevanti sono Invidia e Bell'Accoglienza, funzionali alle vicende successive. Infatti, dopo che l'amante riesce a dare un bacio alla rosa, Invidia cattura Bell'Accoglienza, rendendo impossibile l'avvicinamento ad Amore.
Nella seconda parte, ossia quella di Jean de Meung, con l'aiuto di Venere, egli riesce a penetrare nel castello della donna amata e a consumare con essa il tanto agognato atto d'amore.
Anche se molti studiosi ritengono che Jean De Meung non sia mai esistito, ma bensì sia stata un'invenzione di Guillame de Lorris, si può notare una grossa differenza di stile fra i due: il primo si concentra sulla seduzione della donna amata, usando come ispirazione l'ars amandi di Ovidio rivisto in chiave di amor cortese; il secondo invece, compie tutta una serie di digressioni, racconti secondari e discussioni filosofiche sui più disparati argomenti, il principale dei quali resta comunque l'amore, redigendo così una raccolta delle conoscenze dell'epoca sulla materia e presentando un punto di vista radicalmente contrastante con quello di Guillaume.

Guillaume de Lorris

Se Jean de Meung ricollega l'amore a semplice fatto naturale; diverso è l'approccio di Guillaume de Lorris: quest'ultimo, infatti, descrive Amore personificandolo e armandolo di arco e frecce; con questi due, inoltre, colpisce il protagonista nel cuore instillandogli il sentimento amoroso; il protagonista allora, giura fedeltà ad Amore seguendo addirittura il rito feudale del vassallaggio. Questo giuramento è un vero e proprio patto, ed è funzionale, nel poema, alla descrizione dei precetti per essere un ottimo amante; in questa punto, dunque, si rivela la parte "nozionistica" dell'opera: l'amante, infatti, scrive sotto dettatura quello che Amore gli dice, accantonando totalmente la spontaneità evidenziata da Jean de Meung nella sua porzione di opera.
Jean de Meung, dal canto suo, riprende anche ciò che l'autore latino Boezio afferma sulla fortuna: la fortuna infatti, non è qualcosa di stabile ma di instabile, e che giova di più essere sfortunati, poiché, nella sfortuna, si può conoscere il mondo per com'è davvero, senza illusioni dovute al ben procedere delle cose. Per entrambi gli autori, nella malasorte si diventa saggi comprendendo i veri valori, si incontrano gli uomini onesti (l'amicizia è il maggior bene), si fa esperienza e si comprende la realtà circostante.
Per finire, vale la pena di sottolineare come in quest'epoca del medioevo si parli di sesso in modo disinvolto, un approccio disinvolto nei confronti di tale tematica che continuerà fino a oltre Petrarca, per poi cominciare a diventare tabù nei secoli successivi.

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