Il sacco di Otranto

I musulmani, nel XV secolo, stavano cercando di conquistare i territori un tempo appartenuti all'Impero Romano d'Occidente nel tentativo di eguagliare la grandezza dell'antico impero, forti del loro apparato bellico che da poco aveva posto fine all'Impero Bizantino. Alla fine di luglio del 1480 quindi, il sultano Maometto II tentò di conquistare la penisola italiana inviando una flotta verso le coste pugliesi, arrivando alle coste della piccola Otranto.

Il monumento ai martiri d'Otranto

L'imponente flotta turca sbarcò su di una spiaggia a nord della città, conosciuta oggi, per l'appunto, col nome di Baia dei Turchi; le truppe di Maometto II erano composte da circa quindicimila uomini e da un’artiglieria all’avanguardia, mentre Otranto era dotata di un sistema difensivo obsoleto e poteva contare solo su un piccolo esercito mal addestrato e mal rifornito, formato, perlopiù, dagli stessi abitanti. Oltre a contadini, pescatori e altri civili, il comandante Francesco Zurlo disponeva di un numero esiguo e insufficiente di soldati professionisti; ragion per cui chiese subito aiuto ad  Alfonso d'Aragona, figlio del re di Napoli Ferrante, a cui la città apparteneva, impegnato in un confronto militare coi Medici in Toscana, ma che promise soccorso il prima possibile.

La baia dei turchi, luogo di sbarco dell'esercito ottomano

Il comandante dell'esercito, Gedik Ahmet Pascià, consapevole delle scarse possibilità di difesa della città, era convinto che i salentini si sarebbero arresi senza combattere. Dopo aver compiuto razzie nella zona circostante, cercò la via diplomatica e inviò un emissario alle mura di Otranto con una proposta: una resa senza spargimento di sangue a patto di una completa abiura della fede cristiana. La proposta fu respinta; Pascià però volle provarci di nuovo rispedendo il legato verso la città, ma gli otrantini lo uccisero appena questi si avvicinò alle mura.
Questo affronto fu la goccia che fece traboccare il vaso: i musulmani consideravano quello diplomatico un rituale sacro; ragion per cui cinsero la città in assedio bombardando le antiquate mura bizantine del X secolo. La difesa della cittadella durò circa due settimane; l’11 agosto Pascià ordinò la sortita finale. I cannoni spazzarono via le ultime resistenze di Otranto e il castello cadde preda dei turchi, che si diedero allo stupro, alle razzie e al massacro. Gli abitanti subirono atroci crudeltà e solo le donne più belle e alcuni bambini scamparono alla morte, venendo catturati e schiavizzati.

Dipinto raffigurante un momento dell'eccidio

Inizialmente riuscirono a sottrarsi all’eccidio del sacco solo 813 otrantini, che, fiduciosi di un imminente e insperato aiuto di Ferrante, si barricarono nella Cattedrale. Ancora una volta Pascià offrì loro di convertirsi per aver salva la vita, ma, trovandosi dinanzi a un ennesimo rifiuto, i suoi soldati irruppero nel luogo sacro, scortarono gli ultimi superstiti fuori città, sul Colle della Minerva, e il 14 agosto li decapitarono, uno dopo l’altro. Otranto era di Maometto II.
Il Papa e il Regno di Napoli erano consapevoli del fatto di non poter perdere Otranto, in quanto avere i musulmani in penisola era tremendamente pericoloso. Così venne organizzata una crociata per liberare la città.
Ferrante richiamò dalla Toscana suo figlio Alfonso d’Aragona e radunò un’imponente flotta con il sostegno del Vaticano. Nel frattempo, Pascià aveva ottenuto una posizione strategica nel Salento e si diede al saccheggio e alle scorribande via terra e via mare di tutte le zone limitrofe. Fra la fine di giugno e l’inizio di luglio del 1481 furono ultimati i preparativi e l’operazione di riconquista poté avere inizio. La città fu assediata e bombardata incessantemente dalle navi comandate dal nobile genovese Paolo Fregoso e dalle truppe terrestri di Alfonso d’Aragona. Pascià era stato lungimirante e, prevedendo una possibile controffensiva cristiana, aveva fortificato Otranto per renderla inespugnabile. La crociata contro i turchi assunse ben presto i connotati di una guerra di logoramento, ma un evento inaspettato ne rovesciò le sorti: nella notte fra il 3 e 4 maggio del 1481, Maometto II, già gravemente malato, era morto, innescando un’aspra faida di successione fra i suoi due figli. L’Impero Ottomano versava in una situazione interna critica, che lasciò Pascià completamente isolato; così il 23 agosto le milizie cristiane sferrarono un potente e decisivo attacco che minò in maniera irreversibile la strenua difesa turca. La città capitolò in breve tempo e il 10 settembre Pascià si arrese e riconsegnò Otranto ad Alfonso.

La cappella con le ossa dei martiri d'Otranto all'interno della cattedrale

Il sacco di Otranto è ricordato come un grande esempio di lealtà e orgoglio di un popolo che, pur non disponendo di un esercito in grado di rivaleggiare con l’evidente superiorità del nemico, scelse ugualmente di imbracciare le armi e resistere fino alla fine. A memoria dell’efferatezza e delle barbarie dell’invasione turca, le ossa dei martiri d'Otranto, canonizzati in epoca recente dalla chiesa, sono esposte in una cappella laterale della Cattedrale in cui si barricarono.

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