Historie Medievali feudal Japan: il Kojiki

La più antica cronaca esistente in Giappone, arrivata fino ai giorni nostri, è un testo che venne scritto da Ō no Yasumaro nei primi anni dell'VIII secolo dopo Cristo, il suo nome si può tradurre come "vecchie cose scritte", e si traduce come Kojiki (古事記).

L'autore del Kojiki, Ō no Yasumaro


Nel VII sec. il sovrano Tenmu (672-686), del clan Yamato, ordinò la compilazione di un manoscritto che documentasse la storia del paese dai primordi ai suoi tempi. La supremazia del capo del clan Yamato, che deteneva poteri sacerdotali, militari e politici, era indiscussa. Il Kojiki fu commissionato a Ō no Yasumaro proprio per rafforzare l'ottenuta egemonia del sovrano Tenmu. Lo scopo era quello di legittimare la supremazia Yamato, sulla base di antichi documenti delle varie casate, certificando l'importanza delle loro divinità protettrici all'interno del pantheon shinto, e l'esclusiva discendenza dei sovrani Yamato da Amaterasu Ōmikami, dea del sole e progenitrice della casata imperiale. Il Kojiki doveva servire a raccogliere tutti i miti e le credenze dell'arcipelago giapponese, e legittimare nel contempo la linea di sangue divina della corte Yamato (rivendicata fino al 1945 dagli imperatori del Giappone). C'è da dire che molte civiltà, nel corso della storia, hanno avuto leader che hanno rivendicato discendenze o legami divini per legittimare il loro potere; e anche quella giapponese ha praticato questa consuetudine. 

L'imperatore Tenmu

Ō no Yasumaro portò a termine tale compito solo nel 712, consegnando il Kojiki alla discendente dell'ormai defunto sovrano, l'Imperatrice Genmei. Lo scrittore si avvalse, oltre che delle fonti ufficiali, anche di racconti e testi scritti memorizzati da Hieda no Are (稗田阿礼 Are degli Hieda), un cortigiano in grado di leggere gli annali cinesi e "raccontarli" in giapponese.
Questa "oralità" fa del Kojiki la prima opera della letteratura giapponese ed il primo tentativo di distaccarsi dalla scrittura in cinese: infatti, prima di tale opera, era il cinese la lingua scritta in uso in Giappone.
Il Kojiki contiene varie canzoni o poesie. Mentre i registri storici e le leggende sono scritte in una forma di cinese con una forte mescolanza di elementi giapponesi, le canzoni sono scritte con caratteri cinesi usati soltanto con valore fonetico. L'opera è divisa in tre volumi:
  1. Il Kamitsumaki, conosciuto anche come Kamiyo no Maki (神代巻 "volume dell'Era degli Dei"), include la prefazione al Kojiki e si focalizza sulle divinità della creazione e la nascita di varie divinità del periodo kamiyo, o Era degli Dei. Il Kamitsumaki, inoltre, delinea i miti che riguardano la fondazione del Giappone. Descrive come Ninigi-no-Mikoto, nipote di Amaterasu e bis-nonno dell'Imperatore Jinmu, sia disceso dall'Altopiano dei Cieli nel Kyūshū, diventando il progenitore della linea imperiale giapponese.
  2. Il Nakatsumaki inizia con la storia dell'Imperatore Jinmu, il primo imperatore, e la sua conquista del Giappone, e finisce con il quindicesimo imperatore, l'Imperatore Ōjin. I regni degli imperatori dal secondo al nono sono registrati in modo estremamente sintetico, con riportati soltanto i loro nomi e quelli dei loro discendenti, dei loro palazzi e tombe monumentali, ma nessuna menzione delle loro conquiste. Molte delle storie presenti in questo volume sono mitologiche ed è presumibilmente in dubbio che essi contengano informazioni storiche affidabili. Studi recenti supportano la teoria secondo cui questi imperatori furono inventati per collocare il regno di Jinmu più indietro nel tempo, al 660 a.C.
  3. Il Shimotsumaki copre dal sedicesimo al trentatreesimo imperatore e, a differenza dei volumi precedenti, presenta riferimenti molto limitati alle interazioni con le divinità. Queste interazioni sono molto evidenti nel primo e nel secondo volume. 
L'imperatore Jinmu in una stampa d'epoca

Dovendo scrivere per la prima volta in giapponese, l'autore del testo incontrò notevoli difficoltà. Lui stesso dice che: "Nei tempi antichi farsi intendere parlando era semplice. Come mettere le parole per iscritto resta un dilemma. Se i caratteri li si usa per quello che significano, nel narrare i vocaboli non toccano le nostre corde più intime, ma se li si asserve tutti alle sonorità della lingua il testo si fa troppo lungo. Per cui ho scelto talora di mescolare nella stessa frase caratteri usati per quello che significano con caratteri usati per esprimere i suoni, talora di scrivere soltanto con caratteri usati per quello che significano."
Diverse sono le copie giunte fino a noi: la più antica risale al 1371-1372.
Quanto detto, fa di quest'opera un elemento che lega la mitologia giapponese alla sua storia e società.

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