La Divina Commedia


"L'Amor che move il sole e l'altre stelle."
Così, Dante Alighieri concludeva una delle opere letterarie più poderose e alte mai concepite da mente umana, ossia "La Divina Commedia".

Gustave Dorè - Dante contempla Dio

La Divina Commedia è un poema scritto nel XIV Secolo da Dante Alighieri, uno dei padri della letteratura italiana. Sappiamo tutti che è la descrizione del viaggio di Dante tra Inferno, Purgatorio e Paradiso. I tre mondi astrali attraversati da Dante, sono una metafora della vita in cui, per crescere e maturare, è necessario passare attraverso l'incertezza ed il dramma dell'errore e del peccato, per poi fare un percorso che porta verso la maturazione e l'avvicinamento a Dio.
Inizialmente si chiamava semplicemente "Commedia"; fu Boccaccio a definirla "Divina" nel suo trattato su Dante.
L'interpretazione allegorica mostrata nel poema è il culmine della visione medievale dell'oltretomba cristiano, la massima summa. Scritta quando era in esilio a Ravenna, ha avuto enorme successo perché è stata una delle prime opere ad essere realizzata in volgare e non in latino, dando anche la possibilità alla lingua toscana di diventare precorritrice della lingua italiana odierna.

Copia del poema appartenuta a Galileo Galilei

Il titolo "Commedia" deriva dal greco "κωμῳδία (kōmōdía)", ossia "Canto del Villaggio"; in essa vengono introdotti due motivi per spiegare il titolo conferito: uno di carattere letterario, secondo cui col nome di commedia, era usanza definire un genere letterario che, da un inizio difficoltoso per il protagonista, si conclude con un lieto fine, e uno stilistico. Infatti lo stile, nonostante sia sublime, tratta anche tematiche turpi tipiche di uno più umile, secondo l'ottica cristiana di accogliere anche gli aspetti più bassi del reale, pur di raggiungere il cuore di tutta l'umanità.

Affresco di Domenico Michelino che raffigura Dante e le allegorie presenti nel suo poema

Il poema è colossale: 99 canti, più uno di proemio, sviluppati nel numero vertiginoso di 14.233 versi; è inoltre interessante notare l'influenza di una composizione islamica sull'opera: infatti la struttura ha tra i suoi modelli un resoconto arabo del mi'raj, l'ascensione al cielo di Maometto, la cui traduzione latina, nota in Europa come Liber Scalae Machometi, venne realizzata nel 1264 da Bonaventura da Siena, un dotto con cui collaborò per un certo tempo Brunetto Latini, uno dei maestri di Dante.
Ma vediamo come Dante ha rappresentato i tre mondi in cui si svolgono le vicende:

Inferno
L'Inferno era rappresentato, all'epoca di Dante, come una cavità di forma conica interna alla Terra, allora concepita come divisa in due emisferi, uno di terre e l'altro di acque. La caverna infernale era nata dal ritrarsi delle terre inorridite al contatto con il corpo maledetto di Lucifero e delle sue schiere, cadute dal cielo dopo la ribellione a Dio. La voragine infernale aveva il suo ingresso esattamente sotto Gerusalemme, collocata al centro della semisfera occupata dalle terre emerse, ovvero dal continente euroasiatico. 

Struttura dell'Inferno
Purgatorio
Agli antipodi di Gerusalemme, e quindi al centro della semisfera acquea, si ergeva l'isola montagnosa del Purgatorio, composta appunto dalle terre fuoriuscite dal cuore del mondo all'epoca della ribellione degli angeli. La montagna è composta da sette cornici, corrispondenti ai sette peccati capitali, ed è il luogo dell'espiazione e della purificazione delle anime, prima che esse accedano al Paradiso. In vetta al Purgatorio c'è il Paradiso Terrestre, dove scorrono due fiumi, il Lete (che fa dimenticare i peccati commessi) e l'Eunoè (che invece rammenta le buone azioni fatte).

Purgatorio

Paradiso
Il Paradiso è strutturato secondo la rappresentazione cosmologica nata nell'epoca ellenistica con gli scritti di Tolomeo, e risistemata dai teologi cristiani secondo le esigenze della nuova religione. Nel suo rapimento celeste dietro l'anima di Beatrice, sua musa ispiratrice, Dante attraversa dunque i nove cieli del cosmo astronomico-teologico, al di sopra dei quali si distende il Pleroma infinito (Empireo) in cui ha sede la Rosa dei Beati, posti a diretto contatto con la visione di Dio. Ai nove cieli corrispondono nell'Empireo i nove cori angelici che, col loro movimento circolare intorno all'immagine di Dio, provocano il relativo movimento rotatorio del cielo a cui ciascuno di essi è preposto - questo secondo la dottrina dell'Atto Puro o Primo Mobile desunta dalla Metafisica di Aristotele. I riferimenti alla filosofia classica, come si può vedere, si sprecano.

Schema del Paradiso e rapporto con Inferno e Purgatorio
In sintesi, questa è una delle opere più alte mai scritte dall'uomo; opera scritta nell'epoca ritenuta, per luogo comune e erroneamente, oscura.

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