Le maledizioni a protezione dei libri

Al netto delle idee, scrivere un libro oggi con le moderne tecnologie non è poi così difficile: si possono stampare migliaia, milioni di copie con un dispendio di energie irrisorio, e la stessa distribuzione è estremamente efficiente. In passato non era così: nel medioevo scrivere un libro era una vera e propria impresa titanica. I tempi ed i costi per la produzione della pergamena prima e della carta poi, il tempo e la fatica degli amanuensi, che lavoravano dal mattino alla sera solo grazie alla luce naturale, in quanto con le candele si rischiava letteralmente di bruciare tutto il lavoro, non solo facevano lievitare enormemente i costi di produzione, ma anche la quantità di copie creabili. In un nostro articolo passato, abbiamo parlato di come Alcuino di York venne incaricato da Carlo Magno di stampare una serie di bibbie per le principali diocesi dell'impero, e tale impresa venne ricordata come titanica.
Morale della storia: il libro era uno degli oggetti più preziosi ed andava assolutamente difeso; ma come?

Un libro del genere, con testo, decorazioni ed immagini, poteva richiedere anni di duro lavoro

Una delle strategie adottate dai monaci, in moltissimi manoscritti medievali, era quella di includere delle maledizioni. Esse potevano essere all’inizio, alla fine o in entrambe le parti, e servivano a scoraggiare i malintenzionati che avessero deciso di rubarlo.
In un'epoca fatalista come quella medievale, era molto facile credere alle maledizioni; in questo modo, l'aspetto psicologico si ritrovava a giocare un ruolo importantissimo per la protezione del libro. Ed i monaci, con la loro fantasia, si sbizzarrirono nell'elaborare maledizioni quanto più originali potessero essere.
Marc Drogin, scrittore ed illustratore americano, ha studiato diverse maledizioni ed ha pubblicato libro "Anathema". Si può notare che le più comuni erano appunto gli anatemi, cioè le maledizioni di scomunica: "Si quis furetur, anathematis ense necetur", ossia: "Possa la spada dell’anatema uccidere se qualcuno ruba questo libro".
Se un amanuense intendeva inasprire la maledizione poteva invocare l'”Anatema-Maranatha”, con la parola Maràna tha, in aramaico, che indicava “Nostro Signore è venuto – Vieni Signore“.

Il disegno di una scena infernale poteva valere più di mille parole

I monaci non ci andavano comunque per il sottile: il lavoro e la fatica erano così intensi, che spesso si arrivava a maledizioni estremamente elaborate e cruente:
"Se qualcuno ruba questo libro lascialo morire, fallo friggere in padella; lascia che la malattia e la febbre lo consumino; lascialo spezzato sulla ruota e infine impiccato. Amen" 
O ancora:
Per colui che ruba, o prende in prestito e non restituisce, questo libro dal suo proprietario, lascia che la sua mano si trasformi in serpente e lo laceri. Lascialo colpire da paralisi e che tutte le sue membra siano devastate. Lascialo languire dal dolore piangendo a gran voce per la misericordia, e che non ci sia alcun limite alla sua agonia. Lascia che i tarli di biblioteca rosicchino le sue interiora sino a che non muore, e quando alla fine egli sarà pronto per la punizione finale, lascia che le fiamme dell’Inferno lo consumino per sempre“. 
Un'altra maledizione molto meno cruenta, ma socialmente devastante, era la seguente: “Chiunque rubi questo libro, o lo danneggi, sia tagliato fuori dal corpo della chiesa e considerato una cosa maledetta“.
Essere gettati al di fuori della comunità ecclesiastica, in epoca medievale, significava essere un reietto, un'anima condannata alla dannazione eterna. Una minaccia del genere non poteva di certo passare inosservata.
Oggi la maledizione è un elemento pittoresco ed affascinante: i libri maledetti sono tema da film avventurosi o che prendono in esame civiltà esotiche, come quella dell'antico Egitto. Tale elemento, come si può constatare, è possibile rilevarlo anche nell'epoca medievale.

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