Historie medievali the life of: Ghino di Tacco

Nel territorio senese, durante il XIII secolo, nacque un antesignano di Robin Hood. Era figlio del conte ghibellino Tacco di Ugolino e di un'esponente della famiglia senese dei Tolomei; nonostante le nobili origini si diede al brigantaggio, ed il suo nome era Ghino di Tacco.

Ritratto di Ghino di Tacco

Siamo nel territorio di Sinalunga, oggi comune dell'odierna provincia di Siena. Ghino, insieme al padre, al fratello e allo zio, era dedito alle scorrerie fin dalla più tenera età avendo l'impunità grazie alla protezione di una potente famiglia della zona. Nel 1279 però, durante l'occupazione e la distruzione del castello di Torrita di Siena, il padre perse tale impunità in quanto uccise un esponente di un'altra nobile famiglia; così poco tempo dopo la banda venne catturata: il padre e lo zio, dopo essere stati torturati, vennero condannati a morte e giustiziati, nel 1286, in piazza del Campo a Siena; Ghino ed il fratello invece, essendo minorenni, sfuggirono alla pena capitale.
Rimasto solo, Ghino riprese l'attività paterna, ma in un modo diverso e piuttosto singolare: non faceva del male alle sue vittime; a coloro che rapinava, il malvivente offriva il pranzo e lasciava quanto bastava per sopravvivere. Cercò di occupare la fortezza di Sinalunga senza l'autorizzazione della Repubblica di Siena, e per tale ragione venne bandito dal territorio circostante. Si rifugiò allora in una rocca al confine fra la Repubblica di Siena e lo Stato pontificio, la rocca di Radicofani.

La rocca di Radicofani come appare oggi

In questa rocca continuò a rapinare i viandanti che percorrevano la via Francigena, sempre con lo stesso modus operandi, acquisendo così la fama di un Robin Hood ante litteram. Fiero di questa sua fama, sentì il dovere di vendicare padre e fratello. Per questo si recò a Roma alla ricerca di Benincasa da Laterina, il giudice che aveva condannato a morte il padre e lo zio, ormai diventato un importante giudice della corte dello Stato Pontificio. Al comando di quattrocento uomini e armato di una picca, entrò nel tribunale papale nel Campidoglio e decapitò il giudice Benincasa, infilandone poi la testa sulla picca che portò nella rocca di Radicofani, dove a lungo ne espose lo scalpo appeso al torrione. Per queste ragioni, sia Dante  (a cui abbiamo dedicato un articolo) che Boccaccio gli concedono un posto nelle loro opere più importanti: la Divina Commedia (Canto del Purgatorio) ed il Decameron (nella novella del X giorno sul sequestro dell'abate di Cluny).

Ghino di Tacco e Bonifacio VIII

In particolare, nella vicenda del Boccaccio, Ghino rapì un abate di ritorno da Roma e lo rinchiuse nel suo castello senza fargli alcun male e nutrendolo con pane, fave secche e vernaccia di Corniglia. Questa dieta guarì miracolosamente l'abate da un mal di stomaco che lo tormentava, e ciò convinse Bonifacio VIII a perdonare Ghino per l'assassinio del giudice Benincasa da Laterina che gli aveva condannato a morte i parenti nel passato. La storia ebbe così tanto successo che anche Bernardino da Siena la narrerà due secoli più tardi.
Si sa che ricevette sia il perdono papale che quello senese per i suoi crimini; per tale ragione, Ghino non fu più costretto a nascondersi e si dice che passò il resto dei suoi giorni aiutando il prossimo come espiazione dei peccati commessi. 
Morì durante il secondo ventennio del XIV secolo, ma non si sa come precisamente. Due sono le ipotesi più probabili di morte: la prima ipotizza che fu ucciso mentre stava cercando di sedare una rissa scoppiata a Sinalunga, ed anche diversi storici concordano con tale versione; la seconda invece ci dice che morì a Roma senza essere coinvolto in nessuno scontro.
A prescindere dalla sua morte, questa figura storica resta iconica e potente nell'immaginario collettivo. Uno dei grandi personaggi di un medioevo vivace e ricco di avvenimenti.

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