Le vette dell'arte medievale: la Maestà del Louvre

Uno dei più grandi pittori del medioevo, Cimabue, nel 1289 dipinse un'opera a tempera che fece scuola e gettò la base per nuovi canoni estetici. Lo stesso Giotto si dovette conformare a queste nuove idee. Stiamo parlando della Maestà del Louvre, ed oggi ve la illustriamo brevemente. 

Il dipinto di Cimabue

Perché "Maestà del Louvre"? Perché durante l'epoca napoleonica, fra le varie spoliazioni fatte durante la campagna d'Italia, questa fu una di quelle che venne presa dalla chiesa di San Francesco a Pisa per essere portata a Parigi come bottino di guerra.
La tavola è caratterizzata dall'avere un ampio campo intorno alla vergine Maria che conferisce maestosità alla scena; inoltre c'è una resa molto naturale e, soprattutto, tridimensionale che conferisce profondità all'immagine dipinta; inoltre i chiaroscuri sono alternati in modo morbido e sfumato. Giotto prenderà questi elementi portandoli all'apice nei suoi cicli pittorici. 

Il volto della Vergine

Maria è seduta in trono, è avvolta da un manto blu drappeggiato, e soprattutto il suo volto è scuro, non ha quel misto di serenità e dolcezza tipici delle madonne dipinte dal maestro Cimabue. Gesù invece è mostrato come filosofo, togato come un antico; stringe in mano il rotolo dei testi sacri, che suggerisce un'influenza bizantina sullo stile del maestro, e fa il segno della benedizione con la mano.

 
Dettaglio di Gesù

Anche gli angeli che circondano le due figure principali sono scuri, seriosi, quasi imbronciati. Il trono è riccamente decorato, estremamente complesso nelle sue decorazioni, esso rappresenta la Chiesa. L'uso della prospettiva inversa (le linee di fuga, invece di convergere verso un punto all'orizzonte divergono) e l'eccezionale quantità dei dettagli, oltre che il realismo dei volti, hanno fatto di quest'opera un canone da imitare per tutti gli artisti successivi, come detto poc'anzi.
Per ammirarla è necessario andare a Parigi, al Museo del Louvre. Se vi troverete nella capitale francese, un giorno, fateci un salto, ne vale la pena.

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