La peste di Giustiniano

In più articoli abbiamo parlato sia delle tante epidemie avvenute nel corso del Medioevo, che della grande peste del XIV secolo (qui la prima e la seconda parte). D'altronde è interessante notare come, almeno una volta per ogni secolo, una pandemia colpisca l'umanità: questo deve farci capire che per la nostra specie è una consuetudine avere a che fare con eventi sanitari di grande portata. Oggi vi parliamo di un'altra delle grandi epidemie che ha colpito il genere umano: la Peste di Giustiniano.

Rappresentazione artistica di una scena di epidemia medievale di peste

Siamo nell'Impero Romano d'Oriente, nel 541 dopo Cristo: l'Imperatore è GiustinianoOdoacre, da circa una settantina d'anni, aveva consegnato all'Imperatore d'Oriente le insegne dell'Impero d'Occidente e l'Italia è sconvolta dalle Guerre Gotiche. In un momento così delicato per l'Impero, arriva una piaga dall'Africa, probabilmente dall'Egitto o dall'Etiopia, seguendo i grandi afflussi di derrate alimentari che provenivano da tali terre. Il batterio è lo stesso che poi causerà la grande peste nera del XIV secolo, lo Yersinia Pestis, anche se uno studio del 2014 ha dimostrato che deriva da un ceppo diverso.
Il batterio cominciò a diffondersi dalle regioni meridionali dell'Impero, per poi risalire verso la penisola anatolica attraversando Alessandria, Gaza e la Siria. Inizialmente gli infetti erano pochi, ma nel giro di poco ci fu una vera e propria esplosione di contagi. Nella primavera del 542 venne raggiunta Costantinopoli, la capitale dell'Impero: gli abitanti erano terrorizzati in quanto sapevano che il morbo stava risalendo l'Impero, e la capitale all'epoca contava circa mezzo milione di abitanti densamente stipati, un terreno ideale per la propagazione della malattia; i cronisti dell'epoca riportarono dei numeri quasi apocalittici: Procopio di Cesarea infatti, evidenziò che al culmine l'epidemia uccideva 10.000 persone al giorno nella sola Costantinopoli, una stima forse gonfiata dallo stato generale di allarme (storici moderni parlano comunque di circa 5.000 al giorno, arrivando ad uccidere il 40% della popolazione cittadina, mentre guardando al Mediterraneo orientale la riduzione di popolazione dovette essere attorno al 25%). In quattro mesi di contagi, l'Impero arrivò a contare quasi un morto su due in città; non si trovavano luoghi dove seppellire i morti e i cadaveri dovevano spesso essere lasciati all'aperto. Giustiniano promulgò nuove leggi per snellire le procedure legate alle pratiche ereditarie, che erano ingestibili a causa dalle innumerevoli morti.

Persone affette da peste

Il problema della rimozione dei cadaveri si fece pressante. Venivano trascinati fuori dalle mura a migliaia, contati da appositi ufficiali e sepolti in fosse comuni. C'erano anche barche e chiatte che li portavano dall'altro lato del Corno d'Oro. All'inizio quindi, la logistica imperiale riuscì ad affrontare l'emergenza (almeno dal punto di vista dello "smaltimento cadaveri"), ma le cose iniziarono a peggiorare molto presto. In città il numero di morti stava superando quello dei vivi in età da lavoro, tanto che mancava la manodopera per ripulire le strade dai cadaveri.
Per fronteggiare l'emergenza, Giustiniano prese diversi provvedimenti. Ordinò che le tombe private, senza riguardo di chi fosse il proprietario, venissero stipate di cadaveri, e diede mandato di assoldare, a qualsiasi prezzo, delle persone che scavassero altre fosse comuni. Inutile dire che i sopravvissuti alla peste e i lavoratori che avevano voglia di rischiare la vita riuscirono ad arricchirsi con un lavoro che, prima della peste, veniva retribuito in maniera ridicola. Le fosse erano talmente grandi da poter contenere 70.000 morti ciascuna.

San Sebastiano supplica Cristo di far terminare la peste

La peste influenzò la stessa guerra gotica: si dice ad esempio che Roma, nel 546, restò con pochissimi abitanti, che poi Totila deportò in Campania, facendo rimanere deserta la città; tale diceria probabilmente fu ingigantita dalla drammatica percezione dei fatti che si ebbe al tempo. Inoltre la contrazione demografica subita a seguito dell'epidemia da parte di entrambi i contendenti (romani orientali ed ostrogoti, al tempo i dominatori della penisola italiana) li costrinse a lasciare liberi un sacco di territori della penisola italiana, favorendo così l'invasione longobarda. Un altro storico, Paolo Diacono, rappresentò le devastazioni che produsse anche nel tessuto sociale, come in questa descrizione della peste che, nel 565, decimò la Liguria: "tutti erano scappati e tutto era avvolto nel silenzio più profondo. Due figli se ne erano andati lasciando insepolti i cadaveri dei loro genitori; i genitori dimenticavano i loro doveri abbandonando i loro bambini".
Si può vedere come le dinamiche dei cadaveri abbandonati e dello spopolamento fossero tipiche delle pesti medievali.

Bare portate a spalla

Questa epidemia fu una delle cause principali del crollo della civiltà urbana, già fortemente indebolita dalla vicende belliche ed economiche, nei territori appartenuti all'impero romano o all'epoca ancora controllati da Costantinopoli, segnando il definitivo passaggio dall'antichità al medioevo. La peste si ripresentò a ondate fino al 750 circa, anche se non raggiunse più la virulenza iniziale. Le stime più accreditate parlano addirittura di 25 milioni di decessi.

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