La Falconeria nel Medioevo.
La falconeria è l'arte di addomesticare uccelli rapaci e
di addestrarli a cacciare a vantaggio dell'uomo; nel Medioevo
venivano utilizzate diverse specie di uccelli rapaci di cui i principali:
il Falco pellegrino, l'Astore e lo Sparviero. La caccia con gli uccelli era già conosciuta nell'Occidente a partire dalla fine del IV secolo d.C, importata dall'Oriente dai Germani; ma il suo massimo sviluppo si colloca tra l' XI e il XV secolo; questo possiamo testimoniarlo grazie alle innumerevoli rappresentazioni figurate (manoscritti, dipinti), la cui comprensione è possibile grazie alle fonti testuali e in particolare ai trattati di falconeria.
Una notevole diffusione di questa pratica di caccia, provenne dall'arrivo in Europa di popolazioni euroasiatiche dalla pratica venatoria aviaria. La formazione dell'Impero arabo-musulmano costituì, sulla sponda meridionale del Mediterraneo, una solida compagine di stati che contribuì a diffondere usi e costumi appresi dagli Arabi grazie alla Persia dei Sasanidi. Fu infatti proprio in concomitanza con l'invasione musulmana in Europa, nell'VIII secolo, che la pratica della falconeria iniziò a fiorire nel Vicino Oriente, conteso tra Arabi e Bizantini. A partire dal VII-VIII secolo, la falconeria si diffuse nei vari stati che andavano lentamente formandosi nel quadro geopolitico europeo. La falconeria era una pratica diffusa prettamente alla classe guerriera dominante, i milites e la classe nobiliare. Ciò era dovuto a questioni di disponibilità finanziaria necessaria alla cura, all'addestramento ed all'allevamento domestico dei rapaci, come viene ben testimoniata dai documenti, via via più numerosi in questa epoca.
Il notevole intensificarsi degli scambi tra l'Europa cristiana e l'Oriente arabo-bizantino nell'XI-XII secolo, provocato dal movimento socio-politico delle Crociate, contribuì ulteriormente a diffondere e sviluppare la pratica della falconeria presso i milites occidentali. Un ruolo importante, in questo senso, venne giocato dall'ordine monastico-militare dei Cavalieri Ospitalieri, specialisti della caccia con i rapaci poiché le altre forme di caccia erano loro interdette come penitenza volontaria (là dove per i Cavalieri Templari valeva esattamente l'opposto e cioè era la falconeria ad essere interdetta).
Solo nella prima metà del XIII secolo la falconeria era divenuta un aspetto fondamentale della vita sociale del nobile europeo. Non un semplice diletto ma una vera e propria scienza, che venne formalmente codificata attraverso una prolifica produzione letteraria.
Da un punto di vista "pratico", un notevole sviluppo della falconeria, nel 1200, fu l'introduzione sul suolo europeo del cappuccio per il rapace, chiamato lo chaperon, importato dal Vicino Oriente grazie ai sempre più massicci scambi con l'impero bizantino.
Nel corso del XIV e XV secolo, nel più generale contesto di una società europea ove la nobiltà difendeva in modo sempre più classista i suoi privilegi contro un patriziato urbano di banchieri e ricchi commercianti, la falconeria venne fatta oggetto di particolarissime misure restrittive e di controllo. Un preziosissimo documento inglese dell'epoca, Il "Libro di St Albans" (The Book of Saint Albans - 1486), fissa non solo regole d'uso ma, cosa ben più importante, di possesso per i rapaci. Il testo stabilisce che la povera gente, i vecchi laboratores (uomini, liberi e non liberi, deputati al lavoro manuale ed alla produzione del sostentamento materiale per le più alte classi sociali ), possano al massimo possedere un Falco di piccole dimensioni (la servitù poteva al massimo aspirare ad un Gheppio), là dove lo scudiero era autorizzato a portare il Falco lanario ed il cavaliere il grande Falco cherrug, facendo così dei rapaci più pregiati un'esclusiva dei regnanti: il Girifalco per un Re e l'Aquila per l'Imperatore.
Infine, i primi trattati rimasti risalgono alla metà del X secolo (Grimaldus; Anonimo di Vercelli; Bischoff, 1984), ma fu il XII secolo a segnare il rapido sviluppo del genere, con diversi testi latini, brevi e di natura terapeutica, noti con i nomi degli autori: Dancus Rex, Guillelmus, Gerardus, Alexander, Grisofus (Tilander, 1963; Grisofus medicus, 1964); alla stessa epoca risalgono l'Epistola ad Ptolomeum e il trattato di Adelardo di Bath, De cura accipitrum. Della prima metà del XIII secolo è il De arte venandi cum avibus di Federico II di Svevia, capolavoro del genere e fonte principale per la conoscenza della falconeria medievale. L'opera è corredata da illustrazioni: le miniature del manoscritto più antico (Roma, BAV, Pal. lat. 1071) sono ricche di particolari, anche se il loro realismo non deve essere sovrastimato (Yapp, 1983). Nello stesso ambiente culturale siciliano furono curate le traduzioni dei testi arabi di Moamin e di Ghatrif. Gli altri trattati in latino sono di rilievo più per la storia della veterinaria che non per la storia della caccia. A partire dal XIII secolo alcuni di questi testi vennero tradotti nelle lingue volgari e in seguito comparvero opere autonome, numerose in Francia, in Spagna e in Italia. Per le notizie sulle tecniche di caccia sono particolarmente importanti il Livre du Roy Modus et de la Royne Ratio e il Roman des deduis di Gace de la Buigne (Blomqvist, 1951); queste fonti sono completate dalle allusioni alla falconeria che compaiono frequentemente nelle opere narrative (Van den Abeele, 1990a). La caccia con gli uccelli è documentata iconograficamente per la prima volta nei mosaici di Argo, in Grecia, databili alla fine del IV secolo, costituiti da quattro scene di caccia (Åkerström-Hougen, 1974). L'Alto Medioevo è sorprendentemente povero di rappresentazioni figurate, contrariamente a quanto lascerebbero sperare i testi; è da tenere presente che per la qualificazione di un'immagine come scena di falconeria non basta la semplice rappresentazione di un uccello rapace; a esso va associata una figura umana o una preda tipica della caccia con gli uccelli oppure un accessorio per la falconeria. Tra le immagini di falconeria propriamente dette vanno annoverate, oltre alle celebri scene dell'arazzo di Bayeux (Bayeux, Tapisserie de Bayeux; Yapp, 1987), pagine del Codex Manesse, oreficerie come la borsa di Sutton Hoo (Hicks, 1986), rare miniature e alcuni rilievi.
il Falco pellegrino, l'Astore e lo Sparviero. La caccia con gli uccelli era già conosciuta nell'Occidente a partire dalla fine del IV secolo d.C, importata dall'Oriente dai Germani; ma il suo massimo sviluppo si colloca tra l' XI e il XV secolo; questo possiamo testimoniarlo grazie alle innumerevoli rappresentazioni figurate (manoscritti, dipinti), la cui comprensione è possibile grazie alle fonti testuali e in particolare ai trattati di falconeria.
Alcuni falconieri, tratto da un manoscritto medievale |
Una notevole diffusione di questa pratica di caccia, provenne dall'arrivo in Europa di popolazioni euroasiatiche dalla pratica venatoria aviaria. La formazione dell'Impero arabo-musulmano costituì, sulla sponda meridionale del Mediterraneo, una solida compagine di stati che contribuì a diffondere usi e costumi appresi dagli Arabi grazie alla Persia dei Sasanidi. Fu infatti proprio in concomitanza con l'invasione musulmana in Europa, nell'VIII secolo, che la pratica della falconeria iniziò a fiorire nel Vicino Oriente, conteso tra Arabi e Bizantini. A partire dal VII-VIII secolo, la falconeria si diffuse nei vari stati che andavano lentamente formandosi nel quadro geopolitico europeo. La falconeria era una pratica diffusa prettamente alla classe guerriera dominante, i milites e la classe nobiliare. Ciò era dovuto a questioni di disponibilità finanziaria necessaria alla cura, all'addestramento ed all'allevamento domestico dei rapaci, come viene ben testimoniata dai documenti, via via più numerosi in questa epoca.
Falconi, tratta da un manoscritto medievale |
Il notevole intensificarsi degli scambi tra l'Europa cristiana e l'Oriente arabo-bizantino nell'XI-XII secolo, provocato dal movimento socio-politico delle Crociate, contribuì ulteriormente a diffondere e sviluppare la pratica della falconeria presso i milites occidentali. Un ruolo importante, in questo senso, venne giocato dall'ordine monastico-militare dei Cavalieri Ospitalieri, specialisti della caccia con i rapaci poiché le altre forme di caccia erano loro interdette come penitenza volontaria (là dove per i Cavalieri Templari valeva esattamente l'opposto e cioè era la falconeria ad essere interdetta).
Solo nella prima metà del XIII secolo la falconeria era divenuta un aspetto fondamentale della vita sociale del nobile europeo. Non un semplice diletto ma una vera e propria scienza, che venne formalmente codificata attraverso una prolifica produzione letteraria.
Da un punto di vista "pratico", un notevole sviluppo della falconeria, nel 1200, fu l'introduzione sul suolo europeo del cappuccio per il rapace, chiamato lo chaperon, importato dal Vicino Oriente grazie ai sempre più massicci scambi con l'impero bizantino.
Falconieri - tratti da un manoscritto medievale |
Nel corso del XIV e XV secolo, nel più generale contesto di una società europea ove la nobiltà difendeva in modo sempre più classista i suoi privilegi contro un patriziato urbano di banchieri e ricchi commercianti, la falconeria venne fatta oggetto di particolarissime misure restrittive e di controllo. Un preziosissimo documento inglese dell'epoca, Il "Libro di St Albans" (The Book of Saint Albans - 1486), fissa non solo regole d'uso ma, cosa ben più importante, di possesso per i rapaci. Il testo stabilisce che la povera gente, i vecchi laboratores (uomini, liberi e non liberi, deputati al lavoro manuale ed alla produzione del sostentamento materiale per le più alte classi sociali ), possano al massimo possedere un Falco di piccole dimensioni (la servitù poteva al massimo aspirare ad un Gheppio), là dove lo scudiero era autorizzato a portare il Falco lanario ed il cavaliere il grande Falco cherrug, facendo così dei rapaci più pregiati un'esclusiva dei regnanti: il Girifalco per un Re e l'Aquila per l'Imperatore.
La caccia di un nobile - Codice Manesse |
Infine, i primi trattati rimasti risalgono alla metà del X secolo (Grimaldus; Anonimo di Vercelli; Bischoff, 1984), ma fu il XII secolo a segnare il rapido sviluppo del genere, con diversi testi latini, brevi e di natura terapeutica, noti con i nomi degli autori: Dancus Rex, Guillelmus, Gerardus, Alexander, Grisofus (Tilander, 1963; Grisofus medicus, 1964); alla stessa epoca risalgono l'Epistola ad Ptolomeum e il trattato di Adelardo di Bath, De cura accipitrum. Della prima metà del XIII secolo è il De arte venandi cum avibus di Federico II di Svevia, capolavoro del genere e fonte principale per la conoscenza della falconeria medievale. L'opera è corredata da illustrazioni: le miniature del manoscritto più antico (Roma, BAV, Pal. lat. 1071) sono ricche di particolari, anche se il loro realismo non deve essere sovrastimato (Yapp, 1983). Nello stesso ambiente culturale siciliano furono curate le traduzioni dei testi arabi di Moamin e di Ghatrif. Gli altri trattati in latino sono di rilievo più per la storia della veterinaria che non per la storia della caccia. A partire dal XIII secolo alcuni di questi testi vennero tradotti nelle lingue volgari e in seguito comparvero opere autonome, numerose in Francia, in Spagna e in Italia. Per le notizie sulle tecniche di caccia sono particolarmente importanti il Livre du Roy Modus et de la Royne Ratio e il Roman des deduis di Gace de la Buigne (Blomqvist, 1951); queste fonti sono completate dalle allusioni alla falconeria che compaiono frequentemente nelle opere narrative (Van den Abeele, 1990a). La caccia con gli uccelli è documentata iconograficamente per la prima volta nei mosaici di Argo, in Grecia, databili alla fine del IV secolo, costituiti da quattro scene di caccia (Åkerström-Hougen, 1974). L'Alto Medioevo è sorprendentemente povero di rappresentazioni figurate, contrariamente a quanto lascerebbero sperare i testi; è da tenere presente che per la qualificazione di un'immagine come scena di falconeria non basta la semplice rappresentazione di un uccello rapace; a esso va associata una figura umana o una preda tipica della caccia con gli uccelli oppure un accessorio per la falconeria. Tra le immagini di falconeria propriamente dette vanno annoverate, oltre alle celebri scene dell'arazzo di Bayeux (Bayeux, Tapisserie de Bayeux; Yapp, 1987), pagine del Codex Manesse, oreficerie come la borsa di Sutton Hoo (Hicks, 1986), rare miniature e alcuni rilievi.
Arenberg Hours Bruges 1460 |
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