Correva l'anno del Signore 24 ottobre 1415, e le premesse di una completa vittoria francese erano evidenti: i francesi si facevano forti di una superiorità schiacciante di uomini (l'esercito contava tra i 24.000 e i 30.000 armati) e disponevano di una piccola aliquota di artiglieria. Gran parte dei francesi erano cavalieri equipaggiati in modo pesante, con armature a piastre che garantivano un'eccellente protezione; vi erano inoltre alcune migliaia di balestrieri, in parte mercenari provenienti dall'Italia settentrionale. Gli inglesi parevano votati alla disfatta, poiché contavano soltanto 6.000 uomini in condizioni estremamente precarie. Gli inglesi dovevano apparire una facile preda, a condizione che gli venisse impedito di raggiungere la sicura base di Calais. I francesi raggiunsero gli inglesi all'altezza della Somme, li superarono e sbarrarono loro il passaggio all'altezza di Agincourt, tagliando la strada che portava a Calais. In quel giorno sotto una pioggia torrenziale che aveva reso melmoso il terreno, i due contendenti si prepararono alla battaglia. Gli inglesi trascorsero in preghiera quelle che ai più sembravano le ultime ore di vita; mentre i francesi si accapigliarono sulla spartizione dei riscatti di nobili inglesi che sarebbero stati presi prigionieri.
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La battaglia di Agincourt in una miniatura medievale |
I comandanti francesi si accordarono faticosamente sul piano di battaglia, suddividendo i compiti tra i numerosi nobili che componevano l'esercito. La mattina del 25 ottobre, i due eserciti si schierarono sulla linea di battaglia. I francesi erano divisi in tre grosse divisioni di cavalieri (appiedati nelle prime due) e due forti contingenti di cavalleria alle ali. I balestrieri erano stati concentrati in un'unica linea che, in teoria, avrebbe dovuto schierarsi davanti a tutti. In realtà i nobili francesi, impazienti di gettarsi all'assalto degli inglesi e catturarne i capi, oltrepassarono i balestrieri. L'intera prima divisione francese, fitta di nobili di altissimo lignaggio (tra cui il maresciallo
Boucicault, il conestabile d'
Albret, i duchi di
Orléan e di
Borbone), si trovò davanti ai balestrieri. La prima linea era così numerosa che non solo mise i balestrieri nell'impossibilità di combattere, ma invase pure i settori di tiro dell'artiglieria, che poté far fuoco una sola volta nel corso dell'intera battaglia.
Gli inglesi si disposero invece secondo la tattica consueta: i cavalieri appiedati e i cunei di arcieri tra loro. La corta estensione del fronte, stretto tra i due boschi di Agincourt e Tramécourt, faceva apparire meno evidente l'inferiorità numerica inglese.
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Lo schieramento dei due eserciti |
Sino alle 11:00 del 25 ottobre nessuno si mosse, poi con una mossa tanto azzardata alquanto inaspettata,
Enrico V ordinò ai suoi di avanzare. Gli inglesi lanciarono l'urlo di battaglia "
San Giorgio !", si portarono a distanza di tiro, piantarono le palizzate di pali acuminati e iniziarono a tempestare le linee francesi con i colpi degli arcieri. I francesi, sorpresi dall'iniziativa inglese, inizialmente non reagirono quindi si gettarono all'attacco con la cavalleria schierata alle ali. La milizia a cavallo francese non attaccò le ali nemiche, ma effettuò una conversione che la porto contro il centro avversario. I fianchi della cavalleria francese, rimasti scoperti, furono bersagliati dagli arcieri inglesi. L'attacco francese fallì a causa della resistenza inglese, della confusione causata dai cavalli feriti e del fango che rendeva lenti e difficili i movimenti. Alla vista della sconfitta della cavalleria, la prima linea francese si gettò contro gli inglesi, l'urto fu molto violento e gli arcieri furono costretti ad arretrare di alcuni metri, ma la confusione prodotta dal numero eccessivo di uomini impedì ai francesi di combattere in modo efficace. Le pesanti armature rendevano i movimenti molto difficili, il fango giungeva alla vita e lo spazio era troppo ristretto.
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Battaglia di Agincourt da una miniatura medievale |
Gli arcieri inglesi equipaggiati in modo leggero impugnarono le spade e si scagliarono contro le schiere francesi, aiutati da una maggiore mobilità. I francesi continuarono a gettare nella mischia sempre più uomini, aggravando soltanto la situazione. Alla fine si contano migliaia di morti francesi (alcune stime giunsero a indicare 10.000 caduti), parte dei quali periti nel fango per annegamento o schiacciati dalla mischia di armati. Gli inglesi subirono meno perdite, tra questi il
duca di York, e fecero un gran numero di prigionieri illustri:
Carlo Duca di Orléans, il
duca di Borbone, i
conti di Richemont,
Eu e
Vendome.
Enrico V, temendo di essere colto alle spalle dai francesi, ordino di uccidere i prigionieri per non impegnare risorse preziose nella loro custodia. La sconfitta francese era stata devastante. Com'era avvenuto per le battaglie di Crecy e Poitiers, la Francia aveva perduto il grosso dell'esercito oltre a un gran numero di nobili. Ad Agincourt trovarono la morte tra gli altri il conestabile
D'Albret e i
duchi di Alencon,
Bar e
Brabante.
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