Gli eserciti tra il 1400 e il 1500

I secoli centrali del Medioevo furono caratterizzati da grandi eventi bellici, quali la guerra dei Cento anni, le Crociate, i sanguinosi conflitti combattuti in Italia tra comuni e signorie o contro le forze imperiali. Ciascuno di questi eventi assunse caratteristiche proprie che, come vedremo, saranno destinate a influenzare tutto il complesso mondo dell'arte militare nei secoli seguenti e, in particolare, tra il XV e il XVI secolo. Vi furono comunque molti elementi affini nel modo in cui tali eventi vennero condotti. Innanzitutto, caratteristico era un modo di intendere la guerra, che si identificava con l'etica cavalleresca. Echi di tale etica sono stati puntualmente registrati e fanno da fondamento a opere della letteratura, quali la Chanson de Roland e, più in generale a tutte le chansons che cantano ed esaltano le imprese di prodi cavalieri. 

cavalieri che combattono, miniatura medievale
Scontro tra cavalieri - Miniatura medievale

Le figure centrali sono sempre i cavalieri, così identificati per la loro condizione nobiliare, piuttosto che per il loro modo di combattere. Il cavaliere medievale è, prima ancora che uno strumento di guerra, il portatore di un'ideologia, di una visione del mondo che risponde a una precisa etica di valore, ardimento, purezza di intenti e certezza di combattere per una giusta causa. Ovviamente, tale apparato etico determinava anche una modalità di comportamento sui campi di battaglia. Al di là del fatto di militare in campi contrapposti, i cavalieri si riconoscevano e si legittimavano reciprocamente, accettando una comune matrice etica che impediva loro di accanirsi fisicamente contro gli antagonisti. Certamente i cavalieri si combattevano e si uccidevano ma, al tempo stesso, il loro scontro somigliava più a una tenzone che è una volgare mischia. Ogni qualvolta era possibile, i nobili cavalieri tendevano a cercare di prendere prigionieri gli avversari del loro stesso lignaggio, invece che massacrarli in campo aperto e, anche quando lo scontro finiva con la morte del nemico, a esso erano tributati onori e il doveroso rispetto.

Geoffrey Lutterell
Il cav.Geoffrey Lutterell assistito dalla moglie e dalla figlia

Certo, in questa visione vi è una componente ideale molto forte: spesso, la nuda realtà della battaglia sommergeva questi nobili propositi e tutto si riduceva a colossali spargimenti di sangue. In questo vi è la caratteristica della guerra "nobile" della cavalleria; coloro che di questa classe facevano parte si trovavano compatti nel ribadire la distanza tra essi e gli "altri", ovvero quella plebe costituita da masse contadine o cittadine, formate da combattenti anonimi e privi (almeno secondo l'ideologia cavalleresca) di ogni etica che non fosse un'indistinta volontà di sopravvivere o di sopraffare il nemico. Per il cavaliere era inaccettabile l'idea di doversi confrontare seriamente con tali anonimi combattenti. Le fonti del tempo riportano, spesso con sincero stupore, l'incredulità che, ad esempio, i cavalieri imperiali provarono quando si trovarono a combattere contro le milizie comunali, i cui campioni non vestivano quella cingulum militiae che simbolicamente identificava il vero cavaliere. Il processo di crescita politica ed economica dell'Italia comunale contribuì a far emergere dal limbo della storia le classi non nobili e a renderle protagoniste, talvolta addirittura vittoriose, di epiche battaglie campali.

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