La cura dell'igiene orale secondo la Scuola Medica Salernitana
Non ci si pensa mai, ma l'odontoiatria è una delle arti più antiche che l'uomo conosca, almeno da 9000/10000 anni: le prime trapanazioni di denti di cui gli archeologi hanno trovato traccia, datano al Pakistan del 7000 a.C., mentre in una mandibola di 6500 anni fa si è riconosciuta l'otturazione di una carie a base di cera d'api.
Cofone il Giovane, dal canto suo, raccomanda, come trattamento contro la gengivite, di "cauterizzare" la gengiva sanguinante con la calce viva e, cosa ancor più interessante, nota una maggiore frequenza del mal di denti nelle donne che si truccano molto, dovuto al contenuto di piombo dei cosmetici dell’epoca.
Quando si parla di problemi ai denti nell'antichità e nel medioevo, però, bisogna considerare anche un particolare: la carie non è così diffusa come ai nostri giorni, per via di una dieta molto meno ricca di zuccheri semplici rispetto alla nostra. La cosa curiosa è che delle carie, nell'antichità, vengono date le spiegazioni più varie: Ippocrate e Galeno sostengono sia causata da uno squilibrio di umori dovuto ad una cattiva alimentazione; ma la teoria più originale è quella del "verme dentale", che si genera all'interno della cavità del dente e lo erode provocando appunto la carie, nota fin dai tempi dei Sumeri e riportata da Plinio il Vecchio . Questa teoria sarà considerata valida fino a tutto il Settecento.
Cavadenti – miniatura tratta dal codice Omne Bonum, 1360-75 ca. – Londra, BL |
La Scuola Medica Salernitana eredita queste teorie e vi imposta i suoi rimedi.
Giovanni Plateario sposa sia la versione di Ippocrate e Galeno, che quella di Plinio, e prescrive un salasso o una ventosa ad azione decongestionante, oppure purganti vari per espellere gli umori in eccesso, seguiti da impacchi antidolorifici a base prevalentemente di incenso o sciacqui di elleboro e menta decotti nel vino. Solo in casi estremi, raccomanda di estrarre il dente con la sua radice.
Anche la cura consigliata dal Regimen Sanitatis è antidolorifica, e consiste in suffumigazioni di semi di porro e semi di giusquiamo, da raccogliere sul dente malato attraverso un imbuto, che hanno effetto sul mal di denti grazie al contenuto di iosciamina.
Lo stesso Giovanni Plateario, però, per eliminare il verme dentale, raccomanda di cauterizzare la cavità con una cannuccia arroventata e di riempirla di "otturazioni" anestetiche a base di teriaca, di oppio o di mirra, e questo ha il doppio effetto, da un lato di fermare il sanguinamento e dall'altro di eliminare il dolore alla radice per la bruciatura dei nervi.
Giovanni Plateario sposa sia la versione di Ippocrate e Galeno, che quella di Plinio, e prescrive un salasso o una ventosa ad azione decongestionante, oppure purganti vari per espellere gli umori in eccesso, seguiti da impacchi antidolorifici a base prevalentemente di incenso o sciacqui di elleboro e menta decotti nel vino. Solo in casi estremi, raccomanda di estrarre il dente con la sua radice.
Anche la cura consigliata dal Regimen Sanitatis è antidolorifica, e consiste in suffumigazioni di semi di porro e semi di giusquiamo, da raccogliere sul dente malato attraverso un imbuto, che hanno effetto sul mal di denti grazie al contenuto di iosciamina.
Lo stesso Giovanni Plateario, però, per eliminare il verme dentale, raccomanda di cauterizzare la cavità con una cannuccia arroventata e di riempirla di "otturazioni" anestetiche a base di teriaca, di oppio o di mirra, e questo ha il doppio effetto, da un lato di fermare il sanguinamento e dall'altro di eliminare il dolore alla radice per la bruciatura dei nervi.
Il verme dentale – miniatura da manoscritto arabo, XVIII sec. – Oxford, Bodileian Library |
Dove la Scuola Medica Salernitana mostra ancora una volta la sua modernità, però, è nel campo della prevenzione. Soprattutto nel "De Ornatu Mulierum", testo attribuito a Trotula de Ruggiero, sono molte le prescrizioni per la cura dell'igiene orale. Ella suggerisce di strofinare frequentemente i denti con un un panno di lino avvolto intorno a della lana umida e intriso di polvere di marmo bruciato, semi di dattero bruciati, natron bianco, una tegola rossa, sale e pomice; in pratica gli antenati medievali dello spazzolino e del dentifricio. Il "De Ornatu" raccomanda inoltre di sciacquarsi ogni sera la bocca con vino odoroso e di masticare, frequentemente durante la giornata, finocchio, levistico o prezzemolo per mantenere i denti bianchi, le gengive pulite e l'alito profumato.
Trotula de Ruggiero |
Trotula propone anche una cura contro la gengivite con una polvere a base di calce viva, zolfo, orpimento, polvere di zucca bruciata e pepe, spalmata sulle gengive malate, dopo averle sciacquate con un decotto di aceto caldo e di tasso barbasso ad azione emolliente, rinfrescante e decongestionante.
Bisogna dire che molti dei componenti vegetali e minerali che Trotula consiglia, sono ancora oggi usati come ingredienti di dentifrici e collutori: il finocchio e il levistico così come il carbonato di calcio contenuto nel marmo o il carbonato di sodio sono usati correntemente dall'industria dell'igiene orale. Insomma, a scapito di ciò che solitamente si pensa, il medioevo ha rappresentato un periodo di grosse innovazioni e progresso sotto questo punto di vista.
Fonte: il blog "Il palazzo di Sichelgaita"
Bisogna dire che molti dei componenti vegetali e minerali che Trotula consiglia, sono ancora oggi usati come ingredienti di dentifrici e collutori: il finocchio e il levistico così come il carbonato di calcio contenuto nel marmo o il carbonato di sodio sono usati correntemente dall'industria dell'igiene orale. Insomma, a scapito di ciò che solitamente si pensa, il medioevo ha rappresentato un periodo di grosse innovazioni e progresso sotto questo punto di vista.
Fonte: il blog "Il palazzo di Sichelgaita"
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