Historie Medievali the life of: Gregorio Magno

Pochi esseri umani nel corso della storia hanno potuto fregiarsi del titolo di "magno", ossia "il grande"; uno di questi è senza dubbio Gregorio, un aristocratico romano proveniente da un'antica famiglia di senatori, che salirà al soglio pontificio col titolo di Gregorio I. Ma chi era quest'uomo?

Papa Gregorio in un dipinto di Jusepe de Ribera

Siamo nel 540 dopo Cristo: l'Impero Romano d'Occidente è caduto da poche decine di anni, dopo che Odoacre ha consegnato le insegne imperiali a Costantinopoli, e la vita nell'ormai ex capitale è sconvolta da una guerra terribile fra Bizantini ed Ostrogoti per la penisola italiana, una guerra che ne sta stremando e decimando le popolazioni. Per capire cos'è stata questa guerra, vi rimandiamo ai due articoli che abbiamo scritto in merito (link qui). In questo contesto nasce Gregorio, figlio di Silvia, di famiglia nobile siciliana, e di Gordiano, facente parte della Gens Anicia, appartenente all'aristocrazia senatoria romana.
La sua formazione culturale non è di elevato livello. A differenza di Agostino e Cassiodoro, non si forma con lo studio dei grandi autori dell'aetas aurea, e cioè Sallustio, Orazio, Virgilio ed Ovidio; bensì con quella tradizione letteraria impoverita che è propria della sua epoca, dell'età tardo-antica. Perciò la sua "ars grammatica" è limitata e lo stile che denota i suoi scritti è in linea con quello degli scrittori tardo-antichi del V e VI secolo.
Influenzato dall'esempio di Benedetto da Norcia, espose ai suoi amici l'intenzione di farsi sacerdote; essi, per tenerlo vicino a sé ed evitare che i voti presi lo portassero lontano da Roma, ottennero dall'Imperatore bizantino, Giustino II, la nomina a Praefectus urbi Romae, che era la massima carica imperiale possibile dopo quella di esarca.
Come monaco benedettino si prodigò moltissimo per i poveri, rinunciò addirittura alla carica pubblica e fondò un monastero sul colle romano del Celio, dedicandosi così alla contemplazione di Dio e allo studio della Bibbia.
Papa Benedetto I lo nominò uno dei sette diaconi di Roma, ruolo importantissimo per l'epoca; l'Imperatore Giustino II lo volle come intermediario coi Longobardi, segno della grande intelligenza e del carisma di Gregorio. Tenne a battesimo il futuro imperatore Teodosio e, alla morte di Pelagio II, venne finalmente chiamato al soglio pontificio, nell'anno 590.
Dopo diverse titubanze iniziali, Gregorio cominciò il suo pontificato in un periodo terribile: la peste imperversava in Roma, i longobardi erano alle porte della città, nubifragi ed inondazioni causavano vittime e danni incalcolabili. 

In quest'immagine di fantasia, i Goti assediano Roma attaccando l'area sotto il mausoleo di Adriano, futuro Castel Sant'Angelo

Gregorio fu un amministratore energico, sia nelle questioni sociali e politiche per supportare i bisognosi di aiuto e protezione, sia nelle questioni interne della Chiesa; sebbene fosse fisicamente piuttosto esile e cagionevole di salute, si dimostrò uomo di azione, pratico e intraprendente. E infatti uno dei primi doveri che si impose fu la moralizzazione ed epurazione della Curia romana, in cui erano presenti troppi personaggi, laici ed ecclesiastici, che avevano interessi ben diversi da quelli spirituali e di carità; molti incarichi furono dunque attribuiti a monaci benedettini. L'altro dovere primario cui si dedicò fu quello insito nel ruolo di vescovo di Roma, utilizzando i beni propri e quelli derivanti dalle donazioni dei privati, non a beneficio di vescovi e diaconi, ma in favore del popolo della città di Roma che, come lamenta in una sua predica, è "oppressa da uno smisurato dolore, si spopola di cittadini; assalita dal nemico, non è più che un cumulo di macerie". Al suo pontificato è infatti associata la clericalizzazione del potere a Roma.
Le continue incursioni perpetrate dai Longobardi lo spinsero ad agire anche dal punto di vista politico, cercando più volte la pace con questo popolo, premendo per una tregua fra Impero e longobardi stessi. Quando il re longobardo Agilulfo mise sotto assedio la città, Gregorio si trovò a dover provvedere, a fronte di un inefficiente esercito imperiale (oltretutto mal pagato) il cui aiuto latitava, alla difesa di Roma e, per evitare ulteriori sofferenze e lutti alla città, si vide costretto a convincere il re invasore a levare l'assedio pagando di tasca propria 5000 libbre d'oro, offrendogli l'assicurazione del pagamento annuo di un ingente tributo. In questo modo Gregorio si sostituiva, arbitrariamente, all'autorità civile cittadina e al senato, che di fatto non avevano ormai più alcun ruolo politico riconosciuto; e se al re longobardo interessava solo il denaro, il popolo romano riconobbe in questo Papa l'unico salvatore.

Agilulfo, Re dei Longobardi

I continui tentativi di trattativa irritarono gli imperatori bizantini, a cui Gregorio rispose a tono ricordando loro quanto furono assenti nel corso di tutte le peripezie affrontate da ciò che restava della città eterna.
In coerenza con la visione della missione della Chiesa si pose il suo programma di evangelizzazione e conversione dei Visigoti di Spagna e dei Longobardi, coi quali, dopo la pace del 598, riuscì a stabilire rapporti di buon vicinato avviando la loro conversione dall'eresia ariana, grazie anche all'influente sostegno della regina Teodolinda. Analogo sforzo missionario svolse in favore dei Britanni, presso i quali Gregorio inviò 40 monaci benedettini per cristianizzare le popolazioni; fu infatti grazie all'aiuto dei re dei Franchi, con i quali Gregorio fu in continui rapporti e in eccellente relazione, e in particolare della regina Brunechilde, che riuscì a ottenere la conversione della Britannia.

La Regina Teodolinda

Non sono chiari i motivi che spinsero Gregorio all'opera di cristianizzazione di un paese tanto lontano, però c'è un aneddoto che ci aiuta a intuirne una delle possibili ragioni: Gregorio, quand'era ancora monaco, si sarebbe convinto della necessità di convertire la Britannia per aver visto alcuni giovani schiavi britannici esposti per la vendita, bellissimi di aspetto e pagani, tanto da aver esclamato, rammaricato: "Non Angli, ma Angeli dovrebbero esser chiamati…". Comunque sia, in meno di due anni diecimila Angli, compreso il re del Kent Ethelbert, si convertirono. Era questo un grande successo della politica di Gregorio, che mirava a eliminare gli avversari della Chiesa e ad accrescere l'autorità del papato con la conversione dei "barbari".
Probabilmente, tale fine politico risulta essere molto più probabile, consentendo così un alleggerimento delle aggressioni sulla città che, da questo pontefice in poi, coi secoli, si avvierà a divenire di nuovo la città più importante del mondo occidentale.

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