La peste nera, i nuovi studi sul flagello
In passato abbiamo parlato della piaga della peste nera che ha letteralmente flagellato l'Europa (link alla parte prima e link alla parte seconda). I nuovi studi sulla malattia ci hanno fatto scoprire cose piuttosto interessanti: uno concerne le origini del flagello; un altro analizza una delle conseguenze, piuttosto singolari, che hanno interessato le donne dell'epoca.
Illustrazione del trecento che mostra come in Francia la peste nera raggiunse livelli di letalità devastanti |
Il primo studio è quello di Phil Slavin, dell'Università di Sterling, nel Regno Unito, che grazie ad un team di ricerca internazionale è riuscito a scoprire quello che potrebbe essere il paziente zero della pandemia. Il team di ricerca internazionale e multidisciplinare, composto da genetisti, storici e archeologi, è risalito con una precisione senza precedenti all’origine della morte nera, individuando la data e il luogo esatto di un ipotetico paziente zero. Ci sono riusciti grazie all’analisi del DNA dei resti umani e ai dati degli scavi archeologici di due siti in Asia, in Kirghizistan precisamente, dalle parti del lago salato Issyk Kul, sull’imponente sistema montuoso del Tian Shan. In questo posto sono state trovate iscrizioni che descrivevano la peste. I primi risultati del team sono giunti senza troppi sforzi, poiché il DNA del batterio della peste, Yersinia pestis, è stato identificato in resti di corpi umani sulla cui lapide era inciso l’anno 1338. «Possiamo finalmente dimostrare che l'epidemia menzionata sulle lapidi è stata effettivamente causata dalla peste», ha dichiarato il dottor Slavin.
Secondo l’ipotesi più accreditata, a dare origine alla peste è stata una improvvisa e massiccia diversificazione dei ceppi, una specie di Big Bang microbico che ha messo in circolazione diversi tipi del batterio, amplificando così le possibilità di diffusione dell’infezione.
Il lago salato Issyk Kul, luogo in cui si è generato il ceppo della Peste Nera |
L'altro studio che oggi vi riportiamo è quello di Sharon De Witte, dell'Università della Carolina del Sud, che in un articolo scientifico del 2017 ha studiato le tibie ed i canini della popolazione londinese prima e dopo l'evento pandemico. La scienziata si è accorta di una cosa interessante: mentre vi è stata un'effettiva diminuzione della lunghezza media della vita che ha interessato sia uomini che donne, gli scheletri delle donne morte dopo la peste erano caratterizzati da tibie più corte. Perché tutto questo? L'ipotesi che formula la studiosa è legata alla variazione della dieta dopo la fine della peste: l'esplosione economica che seguì alla fine della pandemia portò la popolazione a consumare una dieta ricca di grassi, che incisero sugli ormoni accelerando il processo della pubertà e, di conseguenza, bloccando la crescita in età infantile. Questa, precisa la studiosa, è solo una delle possibili ipotesi; la causa potrebbe essere anche di tipo opposto: le donne, cioè, mangiavano troppo poco e questo potrebbe aver rallentato il loro sviluppo. Il che significherebbe che il miglioramento globale dell'alimentazione sarebbe andato a vantaggio solo degli uomini. È possibile anche un'altra spiegazione: una sorta di tragica "selezione naturale". Le donne più alte potrebbero cioè essere morte durante l'epidemia.
Una sepoltura di massa risalente all'epoca della peste nera |
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