Qual è il senso del medioevo? In che cosa gli siamo debitori? Perché
studiarlo o insegnarlo? In questo breve, densissimo scritto, uno storico di grande caratura, Giuseppe Sergi, prova a cimentarsi con le domande più radicali, e solo
apparentemente più ovvie. In questa nuova edizione, rivisitata e arricchita,
l'autore, partendo dai luoghi comuni e dai distinguo degli specialisti,
arriva a definire il medioevo un grande "laboratorio", un cantiere dove
lavorano molteplici esperienze e idee.
Il libro, tradotto anche in francese e in spagnolo, tratta, come si può intuire dal titolo, la differenza tra l'idea di Medioevo presente nell'immaginario collettivo e la realtà storica dei dieci secoli medievali. L'autore infatti sottolinea fortemente che il concetto di Medioevo a noi giunto è in gran parte errato. Questo a causa di una deformazione prospettica attuata dagli storici del XV e XVI secolo, i quali hanno esteso la realtà storica appartenuta ai vicini secoli XII e XIII, periodo di crisi generale, all'intero periodo medievale. Questa teoria proporrebbe infatti un improbabile periodo, durato oltre mille anni, di pausa del progresso (se non addirittura di regresso) e di assenza di alcuna novità politica o sociale. Periodo che nel complesso comprenderebbe tutto quel che la Rivoluzione francese ha abbattuto. Il saggio invece si propone proprio di distruggere il luogo comune che circonda il Medioevo, che finora è stato considerato un periodo da cui si può trarre l'origine di tutti gli elementi negativi appartenuti al passato (anche a quello relativamente recente).
Insomma, un testo che prova a sovvertire quel luogo comune che vorrebbe il medioevo come periodo buio, un pensiero ancora ben radicato nella società odierna.
Se la recensione vi ha suscitato interesse, potete trovare il libro a questo
link.
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