La morte di Federico Barbarossa nel fiume Goksu

Era il giugno del 1190 quando l'imperatore Federico Barbarossa guidava, lungo le strade verso Gerusalemme, un esercito di circa 12000 uomini e 3000 cavalieri; insieme a lui marciava suo figlio secondogenito Federico duca di Svevia, accompagnato da numerosi vassalli. L'imperatore Barbarossa, valutando l'imponenza del suo esercito, aveva deciso di raggiungere la Terrasanta lungo le strade che attraversavano i territori dell'Ungheria, i Balcani e le regioni dell'Asia Minore, ripercorrendo i vecchi tragitti della prima e seconda Crociata.

Federico il Barbarossa 

A differenza di altri vassalli che preferivano raggiungere la Terrasanta via mare, soprattutto perchè dotati di eserciti più piccoli, la spedizione fu voluta dallo stesso imperatore, poiché gli eventi che si susseguirono lungo le aree di conquista crociate in Terrasanta cambiarono drasticamente. Dopo la disfatta della battaglia di Hattin (Battaglia di Hattin), nel 1187, Il regno di Gerusalemme crollò e la città cadde nelle mani dell'emiro Saladino dopo un memorabile assedio. L'eco della disfatta e la perdita della città sacra, implicò un immediato appello da parte di Papa Gregorio VIII, che manifestò il suo dissenso incitando ad una nuova spedizione. Secondo il papa, la caduta di Gerusalemme era il simbolo del castigo di Dio per i peccati dei cristiani in Europa.

Papa Gregorio VIII

L'imperatore Federico decise di abbracciare la croce e di partire per liberare Gerusalemme, proclamandosi il salvatore della cristianità, nel 1188 durante la curia di Magonza, quando aveva ben 68 anni.
I crociati dell'esercito di Federico arrivarono sulle sponde del fiume Saleph nei primi giorni del mese di giugno. Le acque del corso dell'antica Cilicia, conosciuto anche come Goksu, scorrono oggi a sud dell'odierna Turchia, quasi al confine con la Siria. La particolarità di queste acque è quella di essere conosciute, sin dall'antichità, per le bassissime temperature, al punto che addirittura Alessandro Magno rischiò di morire durante una delle sue grandi spedizioni. Un cronista della spedizione crociata scrisse che l'imperatore voleva guadare il fiume per aggirare le strade ostili e guadagnare tempo prezioso, mentre altre fonti, ipotizzano che egli, abituato ai climi rigidi del suo regno dell'Europa centrale, cercò refrigerio contro il gran caldo dell'Asia Minore.

Il fiume Goksu oggi

Fatto sta che l'imperatore Federico Barbarossa, guadando il fiume, appesantito anche dall'armatura, morì trascinato dalla corrente; altre ipotesi, molto plausibili, danno come causa della morte, una congestione provocata dalla forte escursione termica; i soccorsi alla fine furono vani.
Con la morte dell'imperatore, l'esercito crociato di colpo precipitò nel caos e, in preda al panico, senza un comandante di forte spicco, molti soldati disertarono. Le cronache del tempo rivelano che soltanto 5000 armati arrivarono ad Acri, mentre Federico VI di Svevia volle proseguire alla volta della Terrasanta, per dare solenne sepoltura a suo padre verso Gerusalemme. I molti tentativi per poter conservare il cadavere dell'imperatore nell'aceto, fallirono a causa del caldo asfissiante di quei giorni. I suoi resti furono sepolti nella chiesa di San Pietro in Antiochia di Siria, le ossa vennero conservate nella cattedrale di Tiro, mentre il cuore rimase a Tarso la città di San Paolo.

La morte del Barbarossa

Il racconto di un cronista crociato, chiamato Asbert, rende più plausibile ancora oggi il dramma di quelle ore: "Mentre il resto dei pellegrini, ricchi e poveri, attraversava delle rocce difficilmente accessibili anche per i camosci e per gli uccelli, l'imperatore, che voleva rinfrescarsi ed evitare anche i pericoli della montagna, tentò di attraversare a nuoto la rapide del fiume Goksu. Questo Principe, che era fuggito a tanti pericoli, entrò in acqua nonostante il parere di tutti e, rapito dalla corrente, annegò miseramente. Diversi signori che erano con lui si gettarono nel fiume per soccorrere l'imperatore, ma non riuscirono ad altro che a riportarlo morto sulla riva. Questa perdita portò il disordine nell'esercito: alcuni morirono dal dolore e molti disperati, convinti che Dio non proteggeva la loro causa, rinunciarono al cristianesimo e abbracciarono la religione dei pagani. Il lutto di dolore occupò il cuore di tutti ed i Crociati potevano esclamare con il profeta: La corona è caduta dalla nostra testa: guai a noi, che abbiamo peccato".

Miniatura del Barbarossa
tra i suoi figli Enrico e Federico 

Il cronista arabo Ibn al-Athir, in un libro che volle intitolare "La perfezione nella storia", ringraziò Allah in questo modo: "Federico era annegato in un luogo dove l'acqua giunge fino alla cintola, il che prova che Dio volle liberarci". E aggiunse: "Se Dio, per effetto della sua bontà verso di noi, non avesse distrutto l'imperatore tedesco quando passava i monti del Tauro, oggi si potrebbe dire della Siria e dell'Egitto: qui una volta regnavano i musulmani".

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