La crisi del XIV Secolo
L'età storica del Medioevo sarebbe potuta finire prima? Il XII ed il XIII furono secoli di grande sviluppo economico e demografico per tutta l'Europa: il commercio prosperava, l'economia galoppava, e l'esplosione demografica aveva consentito l'ampliamento e la costruzione di nuove città, nuove strade e l'apertura di nuove rotte commerciali. Ma all'improvviso, tutto questo finì. Perché successe? Cerchiamo di capirlo insieme.
Innanzitutto bisogna dire che all'inizio del XIV secolo ci fu un cambio del clima globale: infatti, come anche scritto in un nostro precedente articolo, fra l'anno 1000 ed il 1250 ci fu un periodo caldo che consentì un clima più mite e la possibilità di coltivare anche ad alte latitudini. A 50 anni dalla fine di tale periodo, i primi effetti si fecero sentire con una grande carestia: ormai c'era più popolazione che risorse per sfamarla e sostentarla, e il clima più freddo ed umido peggiorò i raccolti ed espose la popolazione a malattie da raffreddamento. Chi ne risentì di più furono anziani e bambini. Si manifestava così, nei ceti subalterni, una fetta di popolazione denutrita, abituata da generazioni a nutrirsi quasi esclusivamente di cereali, che dovette soccombere al primo prolungato rialzo dei prezzi dovuto ai cattivi raccolti degli anni 1315-1317. La "Grande carestia" fu il primo sintomo di una situazione in peggioramento, della quale, naturalmente, i contemporanei non potevano avere consapevolezza. Si erano infatti susseguite delle condizioni climatiche negative (inverni rigidi e prolungati, estati eccessivamente piovose, alluvioni e grandinate), danneggiando ripetutamente i raccolti. I prezzi dei cereali aumentarono vorticosamente, provocando la morte per denutrizione di molte persone e di parecchio bestiame.
Altro elemento che contribuì alla crisi della civiltà occidentale del XIV Secolo fu la diffusione della peste, di cui parlammo a suo tempo con due articoli (qui la parte prima e la parte seconda), che arrivò in Europa nel 1347, e che sterminò letteralmente la popolazione dell'intero continente. La pandemia terminò la fase acuta tra il 1350 e il 1351, permanendo però allo stato endemico e ricomparendo in successive ondate fino alla successiva pandemia del 1630. La popolazione europea non si riprese dal tracollo fino almeno al Settecento. Tra le conseguenze vi furono lo spopolamento delle aree impervie, con i contadini migrati a riempire gli spazi vuoti nelle aree più fertili in pianura e in collina, e la crisi dei piccoli proprietari terrieri, che vendendo i loro terreni favorirono la concentrazione delle proprietà in un minor numero di mani. Le condizioni di vita del ceto rurale peggiorarono notevolmente e si andò formando una specie di "proletariato" rurale.
Ovviamente a livello religioso si creò un vero e proprio caos: il terrore dell'arrivo dell'anticristo, o peggio ancora dell'apocalisse era vivo e concreto; ragion per cui si cercarono dei nemici da combattere, come cattivi cristiani, ebrei e streghe. Gli imbonitori ed i predicatori popolari colsero la palla al balzo, arricchendosi con la vendita delle indulgenze; la paura di morire si tramutò in opere d'arte che celebravano il trionfo della morte, al fine di poterla così esorcizzare.
Alle carestie, le epidemie, la riduzione degli spazi a coltura cerealicola in favore di coltivazioni più redditizie, le vessazioni del ceto fondiario, vanno aggiunte le guerre che erano frequenti in tutta Europa e che si tramutavano talvolta in razzie, saccheggi e assedi, con una destabilizzazione a lungo termine della società.
L'aggravarsi delle condizioni di vita dei ceti subalterni nelle campagne produsse inizialmente un flusso di persone verso le città, dove erano almeno presenti alcune istituzioni caritatevoli che assicuravano loro un minimo di sostentamento giornaliero. Ciò causò un sovrappiù di manodopera che minacciò i ceti subalterni cittadini. Il malessere verso una situazione divenuta ormai insostenibile fu all'origine di rivolte un po' in tutta Europa, sia nelle campagne che nelle città, a partire dai ceti più umili che talvolta riuscivano a coinvolgere anche frange più agiate, come i piccoli artigiani o i produttori subalterni.
Lo spopolamento ebbe come conseguenza anche l'impossibilità di tenere milizie cittadine e cavallerie feudali permanenti, rendendo necessario ricorrere a guerrieri di mestiere, che fossero ben addestrate e mobili. Nacquero così le compagnie di ventura, istituzioni militari composte da armati che di mestiere si prestavano a chi ne facesse richiesta in cambio di soldi. Erano delle vere e proprie "imprese" commerciali, che si offrivano ai vari governi come mercenari. Il contratto che essi stipulavano si chiamava "condotta", da cui il termine condottiero.
Allegoria della Carestia |
Innanzitutto bisogna dire che all'inizio del XIV secolo ci fu un cambio del clima globale: infatti, come anche scritto in un nostro precedente articolo, fra l'anno 1000 ed il 1250 ci fu un periodo caldo che consentì un clima più mite e la possibilità di coltivare anche ad alte latitudini. A 50 anni dalla fine di tale periodo, i primi effetti si fecero sentire con una grande carestia: ormai c'era più popolazione che risorse per sfamarla e sostentarla, e il clima più freddo ed umido peggiorò i raccolti ed espose la popolazione a malattie da raffreddamento. Chi ne risentì di più furono anziani e bambini. Si manifestava così, nei ceti subalterni, una fetta di popolazione denutrita, abituata da generazioni a nutrirsi quasi esclusivamente di cereali, che dovette soccombere al primo prolungato rialzo dei prezzi dovuto ai cattivi raccolti degli anni 1315-1317. La "Grande carestia" fu il primo sintomo di una situazione in peggioramento, della quale, naturalmente, i contemporanei non potevano avere consapevolezza. Si erano infatti susseguite delle condizioni climatiche negative (inverni rigidi e prolungati, estati eccessivamente piovose, alluvioni e grandinate), danneggiando ripetutamente i raccolti. I prezzi dei cereali aumentarono vorticosamente, provocando la morte per denutrizione di molte persone e di parecchio bestiame.
Diffusione della peste nera |
Altro elemento che contribuì alla crisi della civiltà occidentale del XIV Secolo fu la diffusione della peste, di cui parlammo a suo tempo con due articoli (qui la parte prima e la parte seconda), che arrivò in Europa nel 1347, e che sterminò letteralmente la popolazione dell'intero continente. La pandemia terminò la fase acuta tra il 1350 e il 1351, permanendo però allo stato endemico e ricomparendo in successive ondate fino alla successiva pandemia del 1630. La popolazione europea non si riprese dal tracollo fino almeno al Settecento. Tra le conseguenze vi furono lo spopolamento delle aree impervie, con i contadini migrati a riempire gli spazi vuoti nelle aree più fertili in pianura e in collina, e la crisi dei piccoli proprietari terrieri, che vendendo i loro terreni favorirono la concentrazione delle proprietà in un minor numero di mani. Le condizioni di vita del ceto rurale peggiorarono notevolmente e si andò formando una specie di "proletariato" rurale.
Incontro fra vivi e morti |
Ovviamente a livello religioso si creò un vero e proprio caos: il terrore dell'arrivo dell'anticristo, o peggio ancora dell'apocalisse era vivo e concreto; ragion per cui si cercarono dei nemici da combattere, come cattivi cristiani, ebrei e streghe. Gli imbonitori ed i predicatori popolari colsero la palla al balzo, arricchendosi con la vendita delle indulgenze; la paura di morire si tramutò in opere d'arte che celebravano il trionfo della morte, al fine di poterla così esorcizzare.
Alle carestie, le epidemie, la riduzione degli spazi a coltura cerealicola in favore di coltivazioni più redditizie, le vessazioni del ceto fondiario, vanno aggiunte le guerre che erano frequenti in tutta Europa e che si tramutavano talvolta in razzie, saccheggi e assedi, con una destabilizzazione a lungo termine della società.
L'aggravarsi delle condizioni di vita dei ceti subalterni nelle campagne produsse inizialmente un flusso di persone verso le città, dove erano almeno presenti alcune istituzioni caritatevoli che assicuravano loro un minimo di sostentamento giornaliero. Ciò causò un sovrappiù di manodopera che minacciò i ceti subalterni cittadini. Il malessere verso una situazione divenuta ormai insostenibile fu all'origine di rivolte un po' in tutta Europa, sia nelle campagne che nelle città, a partire dai ceti più umili che talvolta riuscivano a coinvolgere anche frange più agiate, come i piccoli artigiani o i produttori subalterni.
Si ricordano a tal proposito le rivolte dei Ciompi in Italia centrale, le retate dei pastori in Francia, che misero a ferro e fuoco diversi castelli e le rivolte degli agricoltori in Inghilterra.
Farinata degli Uberti, condottiero fiorentino |
Questa immensa crisi venne superata grazie ad un riassetto economico e produttivo dei ceti dirigenti: le compagnie commerciali divennero più flessibili; finì il monopolio tessile nelle Fiandre in favore di Olanda, Inghilterra ed Italia; si svilupparono attività manifatturiere in campagna, ed i volumi dei commerci tornarono a crescere grazie al movimento di merci povere (vini, alimenti, stoffe...) che portarono alla costruzione di navi più capienti.
La crisi era terminata, e l'Europa sarebbe così ritornata a crescere.
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